Esami di maturità: 5 consigli d’autore per superare la prima prova (“bluffando…”)

di Alice Basso | 16.06.2015

“Bluffare” a fin di bene: manuale di sopravvivenza all’esame di maturità

Ed eccoli arrivati. Loro. Lo spauracchio che vi è stato agitato davanti agli occhi per tutto l’ultimo anno scolastico, più probabilmente triennio. Gli esami di maturità. Studiare, avete studiato, o forse no, o forse sì ma non come avreste voluto; fatto sta che per questo, ormai, non c’è più molto da fare. E in ogni caso, anche se avete studiato come pazzi, la parte ironica è che dentro di voi sapete benissimo che ciò non necessariamente basterà a garantirvi buoni voti, specialmente per quello che riguarda la famigerata prima prova, in cui si richiede qualcosa di più del mero nozionismo.

Allora tocca farla sporca. Vediamo se posso esservi utile condividendo con voi qualche consiglio non su come “fare bene”, ma – parliamoci chiaro, tanto fra di noi ci capiamo – su come bluffare con successo*.

-La scaletta verso la felicità.

Molto probabilmente andrà così: leggerete le tracce, ne troverete una che vi ispirerà più delle altre, che vi farà sentire in grado di produrre ragionamenti interessanti e brillanti. Come prima cosa, prima ancora di mettervi a scrivere, farete una specie di inventario nella vostra testa a caccia di nozioni, dati, informazioni, che secondo voi i valutatori si aspetteranno di vedere menzionati nel vostro tema. (O articolo, o saggio… Uff, avete capito). Ne troverete un po’, ma, c’è da scommetterci, vi accorgerete che esistono anche tante informazioni il cui ricordo vi apparirà improvvisamente confuso, rischioso: come si chiamava quello statista, là, dai, il tizio che decise l’entrata in guerra? Oppure quella figura retorica così usata dal poeta, sì, quella con quel nome assurdo, quale diavolo era? Ma uffa, fino a ieri lo sapevo, e adesso… Potete giurarci: l’agitazione del momento vi farà sembrare fondamentali, imprescindibili, proprio queste informazioni che vi sfuggono. Vi sembrerà impensabile svolgere quel tema senza ricordarvi proprio quel nome lì, o quella data, o quel termine, e vi verrà la tentazione di optare per un’altra traccia che vi ispira di meno, solo perché vi sembrerà di sentirvi più sicuri sui dati che richiede. Col risultato che vi “accontenterete”, e produrrete un temino con quelle due o tre nozioncine al posto giusto ma sciapo e poco brillante, che vi farà sembrare mediocri.

Calma e sangue freddo: potete bluffare. Mantenetevi sulla traccia che vi piace di più, e scegliete una linea di argomentazione che non richieda che le nozioni che vi sfuggono vengano chiamate in causa. Poi fissatela bene in una scaletta che vi consenta di non derapare verso le informazioni su cui non vi sentite sicuri (le quali, come potrete intuire, per tutta la durata della prova eserciteranno su di voi un potere d’attrazione ammaliante, tipo sirene con Ulisse). Create insomma un testo nel quale di queste informazioni sfuggenti non si senta nemmeno il bisogno, e, protetti da questa scaletta, date pure sfoggio a tutta la vostra ricchezza di riflessioni, argomentazioni, capacità di istituire collegamenti interdisciplinari, e così via – tutte quelle malizie che rendono brillante uno studente. Al massimo, se i professori sospetteranno che abbiate tralasciato certe nozioni perché non ve le ricordavate, potranno farvici qualche domandina durante l’orale, ma nel frattempo avrete avuto il tempo di rinfrescarvi la memoria sui libri, e potrete sottolineare placidi e tranquilli che nello scritto non avevate menzionato quei dati perché, semplicemente, non servivano ai fini di ciò che volevate dimostrare.

-Scrivete bene (aka: siate i ghostwriter di voi stessi).

Uno degli errori più frequenti che compiono gli studenti bravi ma ingenui è quello di voler ficcare nel tema (o saggio, o articolo… sì, okay, quello) il maggior numero possibile di nozioni per dimostrare di avere studiato. A volte anche in maniera sconnessa, a scapito della coerenza del tema (o saggio… eccetera). Sorpresa: si fa una figura molto migliore, e molto più autorevole, se si privilegia una buona scrittura, ben argomentata, ben espressa, che non imbastendo una sorta di centone di informazioni fini a se stesse. (Che poi è un po’ quello che dicevamo al punto uno, ma attenzione, qui andiamo oltre). In sostanza: scrivete bene. Esprimetevi al meglio. E’ questo il segreto per fare colpo (un po’ come la parlantina sciolta è, spessissimo, il segreto per sfangare un orale). Se vi trovate di fronte alla scelta fra buttare dentro l’ennesima nozione, senza sapere bene come legarla con il resto, o procedere lungo un ragionamento filato e lineare, scegliete senza esitazione la seconda. Attenzione: scrivere bene non significa inanellare paroloni (per esempio: “inanellare” non ditelo!), ma essere chiari, scorrevoli, mostrare una proprietà di linguaggio senza forzature. Far sì che chi legge segua il vostro pensiero con facilità. Non sapete bene come fare? Allora evocate nella vostra mente un bel saggio o articolo che avete letto, o la migliore interrogazione a cui avete assistito: come si esprimeva il suo artefice? Ricordate che cosa c’era di così convincente nel suo stile? Bene: come le direbbe, lui, le cose che ora dovete dire voi? Immaginàtelo, e cercate di scrivere così. Siate i ghostwriter di voi stessi, insomma (e, credetemi, se non lo so io).

-Tutto fa brodo!

I professori hanno questa bizzarra pretesa che quello che vi insegnano entri a far parte non solo di una cartella di memoria temporanea che verrà svuotata al termine dell’esame, ma del vostro patrimonio culturale più intimo, personale e duraturo. Patrimonio che sicuramente avrete già iniziato ampiamente a costruirvi, e che sarà formato da un sacco di cose che avrete letto, mi ci gioco cento euro, non sui libri di scuola ma nei romanzi e negli articoli a cui nel corso degli anni sarete approdati per i fattacci vostri. Benissimo: piazzate nel vostro tema (o articolo, saggio… sì, s’è capito) anche un po’ di questi riferimenti culturali privati, che i professori non si aspettano: daranno loro l’impressione di trovarsi davanti a un ragazzo profondo, curioso, che si è costruito autonomamente la propria cultura, e il cui mondo intellettuale va oltre quelle letture che gli sono state imposte dal programma. (E poi, ci sta che una volta tanto sarete voi a insegnare qualcosa a loro, che male non fa).

-Come diceva lei, prof!

Ah, questo è il primo trucco che impariamo tutti, sin dalle elementari. Non vi svelerò nulla di nuovo, al massimo ve lo ricorderò (il che, quando si è sotto pressione e a rischio di black out mentale, può essere comunque utile). Avrete notato che, nello spiegare questo o quell’argomento che ora vi ritrovate nel tema, il professore a suo tempo ha calcato la mano su un concetto, una riflessione, un parallelismo al quale vi è parso particolarmente legato. Bene: se avete un minimo di istinto di sopravvivenza, conto sul fatto che l’abbiate memorizzato e che ora troverete il modo di infilarlo nel vostro svolgimento. Con grazia, s’intende (il “come diceva lei, prof!” così smaccato del titolo di questo paragrafo, ecco, magari non scrivetelo). Però adottate l’idea tanto cara al vostro insegnante e dimostrate di averla fatta vostra, di concordare con essa non in modo pedissequo e untuoso ma perché ne avete ben compreso le ragioni e ne siete davvero convinti. Mescolandola, naturalmente, alle altre idee, agli altri riferimenti culturali personali, come dicevamo al paragrafo precedente, che farete analogamente confluire nel vostro tema. Il prof si sentirà eletto nel vostro gotha di pilastri culturali e, vi assicuro, si scioglierà come un budino.

-E infine: leggerezza.

In ultimo il consiglio dei consigli: è un esame, mica una sentenza di morte. Ce l’avranno messa tutta per dipingervelo come una svolta capitale nella vostra esistenza, il momento di un giudizio del quale porterete il marchio a vita e che condizionerà la vostra ammissione e resa all’università, i vostri colloqui di lavoro, la percezione che avrete in eterno del vostro livello culturale. Non solo è sbagliato, ma se lo affronterete con tutta questa pressione sul groppone sicuro che vi trasformerete in mammolette tremanti pronte a cadere in ginocchio e a supplicare la clemenza della corte ad ogni défaillance. Pensatela piuttosto come una recita scolastica nella quale potrete divertirvi a interpretare la parte dello Studente In Gamba. Una specie di show. Io avevo un compagno di classe che, dopo essere stato bocciato due volte, si è presentato all’esame con la serenità di chi non ha nulla da perdere e ha chiacchierato di filosofia e letteratura con la scioltezza di chi non è lì per il voto ma perché a quella roba si è appassionato sul serio. Bene, è uscito con un voto assurdamente alto. Seguite il suo esempio, dimostrate che di quella roba che vi è stata insegnata vi frega perché sì, perché vi frega e basta, perché è interessante, perché vi ha trasmesso qualcosa, perché è stimolante ragionarci su: non perché è lo strumento per portarvi a casa un numero da scrivere su un futuro cv. Che lo pensiate o meno, l’importante, per il momento, è che lo pensino i prof. E poi, vabbè, ma questa è una mia idea, un domani, molto probabilmente, vi scoprirete a ripensare a ciò che vi sarà rimasto di tutte queste nozioni, ma soprattutto di tutti questi ragionamenti, riflessioni e concetti, e scoprirete che davvero ve ne frega perché ve ne frega, perché sono cose belle e preziose, e non perché vi hanno consentito di strappare alla vita un piccolo pezzo di carta.

(* Parola di una grande bluffatrice. Metodo rodato, marchio DOC. Per referenze, posso darvi il numero di svariati miei ex professori di liceo).

Alice Basso, autrice di questi consigli, è nata nel 1979 a Milano e ora vive in un ridente borgo medievale fuori Torino. Lavora in una casa editrice. Nel tempo libero finge di avere ancora vent’anni e canta in una band di rock acustico per cui scrive anche i testi delle canzoni. Suona il sassofono, ama disegnare, cucina male, guida ancora peggio e di sport nemmeno a parlarne. E in libreria con il romanzo L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome (Garzanti)

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Fonte: www.illibraio.it