Introduzione e note di Nicola Merola
Nel 1874, con il «bozzetto siciliano» Nedda, Verga si accosta a un genere, la novella, in cui continuerà a cimentarsi per un ventennio facendone un laboratorio di sperimentazione dei temi e delle soluzioni espressive dei grandi romanzi. Nella ricca produzione spiccano il dittico formato da Vita dei campi (1880) – serie dedicata ai «primitivi» (La lupa, Jeli il pastore) e ai dannati della terra (Rosso Malpelo) – e dalle Novelle rusticane (1883), dove la materia si articola in un contesto di rapporti storico-sociali ed economici più evoluti, ma anche fortemente drammatici (Libertà) e ossessivi (Malaria, La roba). Ad accomunare le diverse raccolte, per lo più di ambientazione insulare ma con incursioni milanesi come nei racconti di Per le vie (1883), è la parsimonia dei mezzi stilistici e la ricerca di una essenzialità spinta coraggiosamente fino alla mutilazione. Come ha scritto Massimo Bontempelli: «La brevità estrema di Verga è fatta soprattutto di soppressione d’alcuni tratti del racconto. Non esistono più le zone di passaggio. La sicurezza con la quale esse sono state recise è spaventosa; sono tagli improvvisi e netti, che riempiono di coltellate tutta la narrazione».
Il volume comprende: Nedda e le raccolte Primavera e altri racconti, Vita dei campi, Novelle rusticane, Per le vie, Drammi intimi.