“Tutto nella norma”: Gaia Spizzichino e l’importanza di sentirsi davvero a casa

di Redazione Il Libraio | 13.03.2023

Martina si sente intrappolata nel ruolo di “un’adulta a metà“: ha trentaquattro anni, un lavoro che non la gratifica, non riesce ad avere un bambino e il suo compagno non sembra avere l’intenzione di sposarla, né tantomeno di impegnarsi nel cercare una casa da comprare assieme.

Gaia Spizzichino, romana classe ’87, è esperta nel mostrare senza mezzi termini la realtà di vite imperfette: lo fa sul suo profilo Instagram, Normalize Normal Homes, seguito da più di 150mila persone, in cui combatte le aspettative irraggiungibili a cui spesso siamo costretti, mostrando con (auto)ironia l’importanza di superare l’ansia da prestazione per venire a patti con la normalità. E il più delle volte al centro di questo suo processo di normalizzazione ci sono proprio loro, le abitazioni, da non vedere più come ideali regni di ordine e precisione, ma come ciò che sono realmente: le nostre case.

Anche nel suo primo romanzo, Tutto nella norma (Garzanti), Gaia Spizzichino approfondisce il tema della casa, mostrando inoltre come non ci sia un’unica strada per esaudire i propri desideri, perché non esiste un’unica prospettiva per guardare il mondo.

Tutto nella norma Gaia Spizzichino

La protagonista del romanzo vorrebbe tanto uscire dal limbo che la porta a sentirsi un’adulta incompleta, e per farlo comprare una casa le sembra un passo fondamentale. Per lei le abitazioni non sono solo delle mura che ci circondano, ma fotografie di varie fasi della vita. C’è la casa dell’infanzia, che ci regala protezione; la casa in cui per la prima volta siamo senza genitori, sinonimo di libertà ma anche di precarietà. E poi c’è la casa definitiva, quella per cui si accende un mutuo: un passo importante, che vuol dire crescere davvero.

Quando poi i suoi genitori mettono in vendita la casa in cui è stata bambina, e una porta sul suo passato viene riaperta dall’invito al matrimonio di una vecchia amica, Martina vede crollare tutte le certezze. All’improvviso le sfumature di quello che vive sono talmente tante che non si riconosce più. E quelli che sembravano i suoi obiettivi perdono di significato.

Tutti dobbiamo diventare adulti, ma non ci sarà mai un regista che dirà: “buona la prima”. Anzi. Si procede a tentoni, si commettono errori, ci si allontana dall’orizzonte e a volte lo si cambia completamente.

È importante sentirsi a casa piuttosto che scegliere in che casa abitare…

L’APPUNTAMENTO SU INSTAGRAM CON LIBLIVE Giovedì 16 marzo, alle 18.30, Gaia Spizzichino (aka “Normalize Normal Homes”) presenta il suo romanzo in diretta Instagram sulla pagina del Libraio. Dialoga con l’autrice Jolanda Di Virgilio, redattrice de ilLibraio.it e co-autrice di Non è questo che sognavo da bambina.

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, pubblichiamo un estratto:

Figuriamoci se Gabriele mi chiama a quest’ora.

In generale è uno che chiama molto poco, soprattutto quando è molto preso dal lavoro, e lui è sempre molto preso dal lavoro.

Infatti non è ancora rientrato. Attraverso il cortile del pa­lazzo, notando che il suo posto bici è ancora vuoto. Alzo la testa verso le finestre della nostra abitazione e vedo che le luci sono tutte spente. Farà tardi in ufficio anche oggi.

Salgo qualche rampa di scale a piedi illudendomi che an­che questa attività possa sostituire la palestra, speranza ovvia­mente vana. Entrando in casa mi tolgo immediatamente le scarpe, al fine di espandere il più possibile l’intervallo tem­porale tra la scorsa e la successiva passata di straccio, e posi­ziono il sacchetto della farmacia sul piccolo mobile all’in­gresso.

Be’, definirlo mobile è particolarmente lusinghiero, visto quanto è malandato.

Credo che in origine non fosse stato neanche pensato per questo utilizzo, immagino fosse una specie di comodino.

Gabriele e io lo abbiamo recuperato diversi anni fa, du­rante la nostra fase “arrediamo casa con piccoli tesori scovati nei mercatini dell’antiquariato”. Ovviamente la fase era più mia che sua, lui si limitava a darmi retta perché era innamo­rato come solo un uomo che ti conosce da meno di un anno è capace di essere.

Purtroppo, però, visto che eravamo troppo poveri persino per l’IKEA, figuriamoci per l’antiquariato, ci dedicavamo a prelevare dai marciapiedi i cosiddetti «rifiuti ingombranti»,

ossia quelli in attesa del ritiro programmato, godendo di quell’impunità morale che è possibile soltanto a vent’anni, quando sottrarre alla discarica un comodino tarlato è ancora definibile bohémien e non comporta invece, come dovrebbe, l’intervento dei servizi sociali.

Avremmo potuto chiedere dei soldi ai nostri genitori: qual­che mobile decente ce lo avrebbero comprato più che volen­tieri. Ricordo che la mamma di Gabriele, la prima e unica volta che mise piede in casa nostra, al suo «Che ne pensi, mamma?» rispose senza mezzi termini e senza attenzione al­cuna per la diversity: «Mi sembra un campo nomadi».

La verità è che ho sempre pensato non valesse la pena farci aiutare, perché nella mia testa quella casa era solo provviso­ria, destinata cioè a essere presto sostituita con un’abitazione di un altro livello, più grande, più bella, magari di proprietà e non più in affitto, arredata con semplicità ma con gusto.

Una casa in cui i due ragazzini sarebbero diventati final­mente grandi.

E invece il tempo è passato, siamo cresciuti ma siamo an­cora qui. I mobili non li cambiamo perché continuiamo a dirci che non vale la pena, che è meglio risparmiare in vista del futuro, ma il futuro di sei anni fa si è trasformato nel pre­sente di oggi, e continuiamo a spostare in avanti il momento in cui ci toccherà fare i conti con tutto quello che ci eravamo prefissati.

Credo che questa sia solo una delle tante sfaccettature del nostro essere degli adulti a metà.

Sotto sotto ci piace questo precariato a tempo indetermi­nato, questo dirci “oggi siamo qui domani chissà, magari sia­mo a New York”.

Solo che gli anni passano e noi a New York non ci andiamo mai, manco in vacanza, quindi, esattamente, perché ce la stiamo raccontando?

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Fonte: www.illibraio.it