Nata a Torino nel 1976, città dove vive e lavora, Cristina Frascà, laureata in Lettere moderne, è un’insegnante, e assicura di imparare molto dai suoi studenti. Dopo La supplente, Frascà torna in libreria per Garzanti con L’ora di felicità, un romanzo leggero e al contempo capace di raccontare la realtà del nostro tempo.
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Quest’anno la prima campanella di settembre ha un suono più dolce per la protagonista, Anna Tosetti. Sembra che, per una volta nella vita, tutto vada a gonfie vele. O almeno è così finché non va tutto a rotoli. Non è ancora una professoressa di ruolo. Ma dopo anni passati a fare supplenze brevissime e sempre con un preavviso praticamente inesistente, ora torna in quella che può considerare a tutti gli effetti la sua classe. Potrà rivedere i suoi ragazzi. E questa volta li potrà accompagnare sino alla fine dell’anno. Anna, però, ha un problema tremendo: non sa farsi gli affari propri. Vuole aiutare tutti, ma è anche una vera calamita per i guai. E così, mentre cerca di tirare fuori dai pasticci uno dei suoi studenti che è finito in giri loschi, si ritrova di fronte a realtà terribili alle quali non è affatto preparata. Quando le viene affidato un ragazzo problematico, non riesce a non portarsi il lavoro a casa e, per aiutarlo, si complica la
vita.
Quando si accorge che una collega è assente da troppo tempo, decide di improvvisarsi detective e deve fronteggiare una valanga di imprevisti (compreso un gatto che le fa agguati continui). Così, impegnata a risolvere misteri e a rimediare ai disastri altrui, Anna rischia di non rendersi conto che sta trascurando la sua vita. Eppure, è proprio dai suoi studenti, quelli a cui pensava di dover insegnare tutto, che impara le lezioni più preziose. E invece di lasciarla affogare in un mare di guai, le persone che ha aiutato la porteranno in salvo facendole posto sulla loro scialuppa.
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Su ilLibraio.it, qui di seguito, una riflessione dell’autrice in occasione dell’inizio del nuovo anno scolastico.
di Cristina Frascà
Cari professori, immaginate di poter avere i super poteri che desiderate per far fronte alle sfide del quotidiano. Siete sicuri che aiuterebbero? Avete idea delle difficoltà di contenimento di Hulk? Non vorrei proprio essere in lui e trovarmi al collegio docenti. Certo sarebbe liberatorio, ma… forse non abbiamo bisogno di tanto per iniziare l’anno (sì, a scuola è Capodanno).
Insomma colleghi di ogni ordine e grado, a breve si tornerà alla normalità e sarebbe bello poterlo fare senza la pretesa (e il peso) di apparire invincibili.
Siamo insegnanti e, prima di tutto, educatori: possiamo essere onesti con i nostri studenti? Vogliamo confessare che l’errore e l’insuccesso fanno parte della vita di tutti noi? Ogni mattina che il sole sorge su questa terra non importa che tu sia leone o gazzella, se entri a scuola lo fai per imparare. Maria Montessori definiva Signor Errore ogni apparente fallimento nel processo di apprendimento. L’Errore infatti deve insegnare, se no lo abbiamo sprecato. Vogliamo riconoscerlo?
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E non parlo di essere accondiscendenti circa le immancabili piccole lacune di ciascuno di noi. Quelle vanno colmate con curiosità. Non intendo neppure semplificare abbassando le aspettative. Ogni disciplina ( per Gianni Rodari persino la fantasia) ha una sua grammatica e quella, noi, dobbiamo padroneggiarla.
Intendo invece che sarebbe opportuno cercare di regalare ai nostri studenti i professori che avremmo voluto incontrare noi stessi da giovani. Potremmo iniziare con l’ammettere che non abbiamo risposte a certe domande, ma abbiamo voglia di cercarle con loro. A scuola non esiste solo la didattica, che tutto sommato è programmabile, la vita entra di prepotenza con la sua imprevedibilità, con fatti di cronaca, problemi di salute, incidenti … e in quei casi mancano le parole.
Confessiamolo, ma rimaniamo con loro, non trinceriamoci dietro l’inespugnabile rocca delle discipline. L’esercizio di pagina tale, a volte, deve farsi da parte. Se manca un clima di fiducia tra studenti e docenti è difficile che i concetti passino. Oppure lo fanno, ma a fatica. Come la Signorina Felicita che voleva piacere a Gozzano, è incredibile quanti sforzi faccia uno studente che non vuole deludere il suo maestro. E quando le cose vanno storte ( ahimè capita frequentemente) facciamoci domande, proviamo nuove vie, se le vecchie non hanno portato risultati accettabili. Chiediamo aiuto a colleghi e ad esperti perché se ci vuole un villaggio per educare un bambino (come recita un proverbio africano), figuriamoci per una classe di adolescenti! Osserviamo il percorso di ciascuno di loro, individualmente, anche e soprattutto quando dobbiamo valutare le loro prove.
Pensiamo davvero che i nostri studenti siano perfettamente definiti dal numero che attribuiamo loro nei documenti di valutazione o dai giudizi che sembrano cambiare con rapidità sconcertante (solo) alla scuola primaria? Ci riconosciamo negli orefici con il bilancino che dobbiamo interpretare all’esame di Maturità? “Dunque, studente, tu arrivi con tot, totalizzi tot allo scritto, tot all’orale, non hai diritto al bonus e arrivederci e grazie?”.
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O siamo forse gli adulti che si sono assunti il compito di osservarli questi bambini e poi ragazzi che la sorte ci affida ogni anno? Davvero ci riguarda soltanto il rendimento nelle nostre discipline? Riusciamo a dormire bene se osserviamo un banco vuoto troppo a lungo, braccia costantemente coperte e fisici che dimostrano malessere?
Quali alternative offriamo al quasi patologico prostrarsi al cellulare di tanti di loro?
Io propongo superpoteri alla portata di tutti: impegno, passione, determinazione, coraggio, attenzione e tanta pazienza, che è anche capacità di sopportare certe fatiche (burocratiche per lo più).
Docenti di ogni ordine e grado, non siamo medici, né psicologi, né personal trainers ma, non siamo qui per caso: abbiamo sognato questo lavoro… adesso facciamone il nostro capolavoro!
Quasi dimenticavo: Buon Anno e niente paura, il Natale è vicino!
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Fonte: www.illibraio.it