Come si sentono i nostri studenti che non sanno stare zitti e buoni come i Måneskin?

di Enrico Galiano | 09.03.2021

La dedichiamo a quel prof che ci diceva di stare zitti e buoni”, dicono i Måneskin dal palco di Sanremo.

Confesso che a leggere la notizia la mia prima reazione è stata di compassione verso quel prof: chissà se verrà riconosciuto, adesso: come lo guarderanno, se qualcuno lo sbeffeggerà, come si sentirà lui.

Sì perché noi non possiamo sapere com’è andata: se e perché possa aver detto qualcosa a qualcuno del gruppo.

Voglio dire: magari quel prof aveva anche i suoi buoni motivi, magari non ha detto loro proprio così, chi siamo noi per giudicare.

E infatti non voglio parlare di questo.

Ma di una cosa vera, che sento molto presente e molto attuale, e che la “dedica” dei Måneskin ha in qualche modo portato alla luce.

Ed è: quanto spazio hanno, nelle nostre scuole, le personalità forti? I ragazzi e le ragazze di talento, i diversi, quelli fuori dal coro?

Quanto davvero riescono a trovare nelle nostre scuole un posto dove esprimere la loro energia, quelli e quelle che sono delle bombe di energia?

È una domanda importante: perché i Måneskin ce l’hanno fatta, hanno trovato una propria strada nella musica: ma gli altri?

Quelli con tante cose da dire che magari non hanno ancora trovato il modo per farle capire; quelli che non riescono a stare fermi seduti per cinque ore eppure avrebbero tantissima voglia di scoprire e conoscere; quelli che hanno interi mondi dentro, ma non abbastanza strumenti per farceli vedere.

L’Italia, lo sappiamo, è messa malissimo come dispersione scolastica: più di 15 ragazzi su 100 hanno solo la terza media, con più di 120 mila studenti che ogni anno abbandonano gli studi. Sono cifre impressionanti.

Le ragioni sono tantissime, ovviamente: la scarsa frequenza di scuole dell’infanzia e il contesto sociale di riferimento sono le due principali.

Ma io vorrei appunto aggiungere questa: come si sentono, nelle nostre scuole, gli studenti che provano a pensare diverso? Come si sentono quelli che hanno grande potenziale ma modalità espressive in contrasto con l’etica del buon studente che dovrebbe stare fondamentalmente fermo e in silenzio?

Insomma: come si sentono nelle scuole italiane gli studenti che non sanno stare zitti e buoni?

Non molto bene, purtroppo: la nostra scuola non è, nella maggior parte dei casi, a loro misura. Non dà loro gli strumenti per incanalare questa energia che sentono dentro. Non sa aspettare chi ha tempi diversi, non sa aprirsi a chi ha parole nuove.

Li respinge, proprio come è successo al cantante dei Måneskin, bocciato tre volte al liceo.

Le parole che arrivano dall’Ariston sono da maneggiare con cura, da prendere con il beneficio di molti dubbi, e va bene: ma i numeri, quelli, non si possono contestare.

E forse ci stanno dicendo che se vogliamo davvero valorizzare il talento di quei ragazzi e ragazze che il talento ce l’hanno, dovremmo smetterla di farli stare zitti e buoni.

L’AUTORE – Enrico Galiano sa come parlare ai ragazzi. In classe come sui social, dove è molto seguito. Insegnante e scrittore classe ’77, dopo il successo dei romanzi Eppure cadiamo feliciTutta la vita che vuoi e Più forte di ogni addio, ha pubblicato un libro molto particolare, Basta un attimo per tornare bambini, illustrato da Sara Di Francescantonio. È tornato al romanzo con Dormi stanotte sul mio cuore, e sempre per Garzanti ora è uscito il suo primo saggio, L’arte di sbagliare alla grande (Garzanti).

Alla pagina dell’autore tutti gli articoli scritti da Galiano per ilLibraio.it.

Fonte: www.illibraio.it