Ecco perché (purtroppo) si fanno sempre meno gite scolastiche… – di Enrico Galiano

di Enrico Galiano | 13.12.2024

Credo che per ogni insegnante la gita sia un momento speciale: l’occasione per svestire almeno per qualche giorno i panni ingessati del docente in cattedra, vivere esperienze davvero di vicinanza coi ragazzi, tornare ad essere un essere umano insomma, e non solo il tizio col registro dalla parte del manico.

Ma ho sbagliato tempo verbale: non sia, ma era. Eh già.

Un tempo, le gite scolastiche erano l’apoteosi dell’anno scolastico. Non c’era classe che non aspettasse con ansia quel momento: il pullman, il pranzo al sacco con il panino immancabilmente schiacciato, la visita al museo con la guida che cercava disperatamente di farsi ascoltare da un branco di adolescenti distratti.

Oggi, invece, le gite sembrano un miraggio: se ne fanno sempre meno e ci sono ragazzi che, fino alla quinta superiore, non faranno mai una gita di più di un giorno.

Ma perché?

Vediamo insieme le principali cause di questa progressiva estinzione.

  1. Eccesso di burocrazia: la gita si ferma alla scrivania

Organizzare una gita oggi significa affrontare una maratona burocratica degna delle imprese di Ercole. Moduli su moduli da compilare, autorizzazioni da raccogliere, piani di sicurezza da predisporre, assicurazioni da verificare, riunioni con il dirigente, riunioni con i genitori, riunioni con se stessi per capire perché si sta facendo tutto questo. E guai a dimenticare anche solo una virgola: il rischio è di dover rifare tutto da capo. La burocrazia, insomma, trasforma un’avventura culturale in un incubo amministrativo.

  1. Rischio elevato per gli insegnanti: chi ve lo fa fare?

Un insegnante in gita scolastica è, di fatto, un parafulmine vivente. Ogni studente diventa una potenziale bomba a orologeria: chi si perde nel bagno dell’autogrill, chi decide di scalare una statua, chi improvvisa un’acrobazia sul bus. E tutto questo con la certezza che, in caso di problemi, l’insegnante sarà il primo a rispondere davanti alla legge, magari con una bella causa per “mancata vigilanza”. A questo punto, il docente si domanda: “Ne vale la pena?” Spoiler: spesso la risposta è no.

  1. Retribuzione ridicola: il volontariato mascherato

Facciamo due conti. Per accompagnare i ragazzi in gita, un insegnante deve rinunciare al proprio tempo libero, affrontare stress, responsabilità e una giornata intera con adolescenti che chiedono “Quanto manca?”. Tutto questo per… 17,50 euro lordi all’ora. Sì, avete letto bene. Una cifra che, tolte le tasse, basta a malapena per un caffè e una brioche. La domanda, quindi, è legittima: se proprio dobbiamo fare volontariato, non sarebbe meglio iscriversi a un’associazione benefica?

  1. Costi eccessivi: la scuola come fabbrica di disuguaglianze

Infine, il problema più delicato: i costi. Organizzare una gita oggi è un’impresa titanica anche per le famiglie. Un viaggio di tre giorni può costare centinaia di euro, una cifra che molte famiglie non possono permettersi. E allora? Le scuole preferiscono rinunciare del tutto, per non creare sperequazioni tra chi può permettersi la gita e chi no. Peccato, però, che così si tradisca uno dei principi fondamentali dell’istruzione: essere un fattore di livellamento sociale. La scuola, invece, rischia di esacerbare le differenze, lasciando indietro chi è già in difficoltà.

La soluzione? Pretendere di più

Se volete che i vostri figli tornino a fare gite come un tempo, non servono miracoli, ma scelte politiche e sociali chiare. Pretendete che agli insegnanti venga riconosciuta una retribuzione dignitosa per il lavoro svolto, che siano tutelati dal punto di vista legale, e che le scuole abbiano fondi sufficienti per sostenere le famiglie in difficoltà.

Perché la gita scolastica non è solo un momento di svago, ma un’occasione unica di crescita, scoperta e condivisione.

E vale la pena fare tutto il possibile per non lasciarla svanire come un bel ricordo del passato.

L’AUTORE – Enrico Galiano, insegnante e scrittore friulano classe ’77, in classe come sui social, dove è molto seguito, sa come parlare ai ragazzi.

Dopo il successo di romanzi (tutti pubblicati da Garzanti) come Eppure cadiamo feliciTutta la vita che vuoiFelici contro il mondo, e Più forte di ogni addio, ha pubblicato un libro molto particolare, Basta un attimo per tornare bambini, illustrato da Sara Di Francescantonio. È poi tornato al romanzo con Dormi stanotte sul mio cuore, e sempre per Garzanti è uscito il suo primo saggio, L’arte di sbagliare alla grande. Con Salani Galiano ha quindi pubblicato la sua prima storia per ragazzi, La società segreta dei salvaparole. Ed è poi uscito, ancora per Garzanti, il suo secondo saggio, Scuola di felicità per eterni ripetenti. Dopo il romanzo Geografia di un dolore perfetto, è tornato in libreria con Una vita non basta… E da poco ha pubblicato con Salani il suo nuovo libro per ragazzi, L’incredibile avventura di un super-errore.

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Fonte: www.illibraio.it