Ah, Dante!
Settecento anni ha il suo capolavoro, eppure non ha ancora finito di suscitare polemiche e ad accendere animi.
Partiamo dall’argomento “caldo”. A Treviso, due studenti musulmani sono stati esentati dallo studio di Dante perché ritenuto “offensivo” per la loro fede.
Una scelta che ha fatto storcere il naso a molti, tra cui il sindaco di Treviso, Mario Conte, e la sottosegretaria Paola Frassinetti. Secondo loro, togliere Dante dal curriculum scolastico non è solo un passo indietro, ma una vera e propria rinuncia alla possibilità di creare un dialogo culturale inclusivo. E qui non si tratta solo di Dante, ma di un’intera visione del mondo e della nostra storia.
Certo, non si può negare che Dante abbia riservato parole poco gentili per Maometto, condannandolo all’Inferno tra i “seminatori di scandalo e di scisma”. Però, se ci fermiamo a questo dettaglio, rischiamo di perderci tutto il resto.
Per esempio, sapevate che nel Limbo dantesco ci sono personaggi illustri della cultura islamica come Saladino, Avicenna e Averroè?
Sì, proprio così. Dante li colloca tra i saggi dell’antichità, riconoscendo il loro valore e il loro contributo alla filosofia e alla scienza.
Ma l’aspetto più interessante è un altro: l’intera struttura della Divina Commedia sembra avere punti di contatto con il Libro della scala, un testo islamico – antecedente a Dante – che descrive il viaggio ultraterreno del profeta Maometto.
Fra l’altro, quel testo era stato per certo argomento di lezione del maestro di Dante, Brunetto Latini, che sappiamo quanta influenza ha avuto su di lui e sulla sua opera.
Coincidenze? Forse, ma è assai probabile che Dante, consapevolmente o meno, sia stato influenzato da queste idee.
Quindi, cosa ci dice tutto questo? Che Dante, con tutte le sue contraddizioni, non è solo un simbolo della cultura cristiana medioevale, ma anche un ponte verso altre tradizioni e culture.
Escludere gli studenti musulmani dallo studio della Commedia significa rinunciare a questa ricchezza, a questa possibilità di scoprire come le culture si influenzino a vicenda.
Invece di vedere la Divina Commedia come un’opera divisiva o, peggio, come una specie di baluardo dell’italianità, possiamo considerarla un’opportunità per dialogare.
Perché Dante non è prima di tutto “italiano”, come Shakespeare non è “inglese” e Omero non è “greco”: sono patrimonio dell’umanità.
Dante ci mostra che, nonostante le differenze, ci sono punti di contatto tra mondi apparentemente lontani. Imparare a conoscere questi legami ci aiuta a comprendere meglio la nostra storia, il nostro presente e ad allargare la nostra visione del mondo, non a restringerla.
E allora, perché non cogliere questa occasione?
In un’epoca in cui le identità culturali vengono spesso strumentalizzate per creare divisioni, la Commedia può essere un ariete con cui abbattere i muri.
E chissà, magari proprio attraverso Dante, e il Libro della scala, letti insieme, da studenti musulmani seduti a fianco di studenti di altri credi, i ragazzi potranno scoprire che le differenze sono solo un punto di partenza per un viaggio verso una comprensione reciproca più profonda.
E non sarebbe un gran bel contrappasso?
L’AUTORE – Enrico Galiano, insegnante e scrittore friulano classe ’77, in classe come sui social, dove è molto seguito, sa come parlare ai ragazzi. Dopo il successo di romanzi (tutti pubblicati da Garzanti) come Eppure cadiamo felici, Tutta la vita che vuoi, Felici contro il mondo, e Più forte di ogni addio, ha pubblicato un libro molto particolare, Basta un attimo per tornare bambini, illustrato da Sara Di Francescantonio. È poi tornato al romanzo con Dormi stanotte sul mio cuore, e sempre per Garzanti è uscito il suo primo saggio, L’arte di sbagliare alla grande. Con Salani Galiano ha quindi pubblicato la sua prima storia per ragazzi, La società segreta dei salvaparole. Ed è poi uscito, ancora per Garzanti, il suo secondo saggio, Scuola di felicità per eterni ripetenti. Dopo il romanzo Geografia di un dolore perfetto, si appresta a tornare in libreria con Una vita non basta…
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Fonte: www.illibraio.it