Gliela dovremmo dire la verità su Babbo Natale? – di Enrico Galiano

di Enrico Galiano | 16.12.2023

Faccio coming out: una volta è successo anche a me. Durante una presentazione di un libro, un paio di anni fa.

Non mi ricordo perché, ma a un certo punto avevo usato la metafora di Babbo Natale per spiegare il concetto che è importante avere delle illusioni cui aggrapparsi. Fatto sta che mi ero dimenticato che in mezzo al pubblico c’erano anche alcuni bambini.

Il silenzio si è fatto improvvisamente palpabile: avvertivo un’ostilità negli sguardi che non avevo mai visto, proveniva dai genitori. Subito dopo, un brusio di domande fra il pubblico, e lì capii le dimensioni gigantesche della frittata che avevo appena fatto.

Stranamente quella sera non vendetti molte copie. Chissà perché.

Lo spunto di questa riflessione nasce da un libro, il bellissimo I sorrisi non fanno rumore, di Enrica Tesio, uscito da qualche settimana per Bompiani. Lì si racconta la storia di una scrittrice che, in diretta tv e davanti a una platea di bambini, fa una frittata ancora più grande: lo dice chiaro e tondo, che Babbo Natale non esiste.

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Dire che vien giù il finimondo è poco. Leggetelo, merita davvero, anche perché fra un capitolo e l’altro ci sono le lettere del vero (forse) Babbo Natale.

Poi, siccome a volte l’arte imita la vita e viceversa, è successo davvero: recentemente due diverse maestre, in due scuole italiane, durante momenti di discussione in classe sullo spirito del Natale, hanno portato alcuni ragazzini alla consapevolezza circa l’inesistenza del barbuto signore dai dubbi gusti in fatto di vestiti. Bimbi tornati a casa in lacrime, lettere di protesta, sollevazioni popolari.

Ora. Io non vorrei fare l’avvocato del diavolo, solo invitare a una seria riflessione sul tema.

Sì, ovvio: è fondamentale che i bambini coltivino la fantasia.

Lapalissiano: una sana sospensione dell’incredulità nel bambino di oggi porterà a un adulto più creativo e intelligente domani.

Ma qualcuno si è seriamente interrogato sull’affaire Babbo Natale? 

Proviamo ora a sostenere le ragioni di chi osa mettere in dubbio il dogma secondo cui “dire ai bambini che non esiste è un crimine contro l’umanità”.

Primo, è una faticaccia tenere botta con la montatura: i bambini già a cinque anni cominciano ad avanzare sospetti e raccogliere indizi; fanno domande; ricordano le risposte.

Sapeste i sudori freddi, quando partono con i loro interrogatori e ti guardano come il tenente Colombo guardava i colpevoli di omicidio!

Secondo: quando poi inevitabilmente scoprono il vero, lì si incrina la loro fiducia in noi, e spesso il fatto coincide con l’ingresso nell’età in cui ci odiano e smettono di darci retta.

Ma terzo, soprattutto: che valore educativo ha questo mito? Ce lo siamo mai davvero chiesti?

Parla di un tizio che porta regali: punto, fine. Zero trama, zero narrazione. Conflitti, redenzioni, antagonisti? Ma dove? L’unica cosa vagamente riconducibile ai grandi archetipi della fiaba è il viaggio dell’eroe, ma: sarà mica eroico il racconto di uno che fa lo stakanovista per 24 ore e poltrisce per i restanti 364 giorni?

Poi, ammettiamolo: viene brandito il più delle volte come arma per far fare ai bambini quello che vogliamo, o limitare la loro pulsione a combinar marachelle quando siamo esasperati e non sappiamo più che pesci pigliare.

Insomma: un mito fortemente consumistico che già da piccolini fa passare il messaggio per cui “Se ti comporti bene avrai un premio”.

Una logica che funziona alla grande nel breve periodo e quando la nostra pazienza è ormai sbriciolata in mille pezzi, ma, nel lungo, finisce per essere assunta a regola di vita e portarli a comportarsi bene solo quando sanno di avere in cambio qualcosa (non lo dico io, lo dice la psicologia infantile).

Quindi, in sostanza: va benissimo inventare storie che tengano viva la magia dell’infanzia, anzi è fondamentale. Come no, alimentare di continuo narrazioni fantastiche, ma non dimentichiamo che un bambino anche a cinque anni ha bisogno di pochissimo per credere che il cucchiaino sia magico o che dentro l’armadio i suoi giocattoli prendano vita.

Forse, e lo dico con tutti i dubbi io stesso, è ora di cominciare a pensare tutti insieme a miti un po’ più belli, più evocativi e soprattutto meno compromettenti.

E ora che l’ho detto, so che quest’anno Babbo Natale mi porterà solo carbone.

L’AUTORE – Enrico Galiano sa come parlare ai ragazzi. In classe come sui social, dove è molto seguito. Insegnante e scrittore classe ’77, dopo il successo dei romanzi (tutti pubblicati da Garzanti)  Eppure cadiamo feliciTutta la vita che vuoiFelici contro il mondo, e Più forte di ogni addio, ha pubblicato un libro molto particolare, Basta un attimo per tornare bambini, illustrato da Sara Di Francescantonio. È tornato al romanzo con Dormi stanotte sul mio cuore, e sempre per Garzanti è uscito il suo primo saggio, L’arte di sbagliare alla grande. Con Salani Galiano ha quindi pubblicato la sua prima storia per ragazziLa società segreta dei salvaparole, un inno d’amore alle parole e alla lingua. Ed è poi uscito per Garzanti il suo secondo saggio Scuola di felicità per eterni ripetenti. Il suo ultimo romanzo è Geografia di un dolore perfetto (Garzanti).

Qui è possibile leggere tutti gli articoli scritti da Galiano per ilLibraio.it.

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Fonte: www.illibraio.it