Il nuovo libro del biblista Alberto Maggi, che parla di celibato “facoltativo”

di Redazione Il Libraio | 22.09.2020

Alberto Maggi (biblista e assiduo collaboratore de ilLibraio.it) è una delle voci della Chiesa più ascoltate da credenti e non credenti: le sue posizioni, spesso spiazzanti, fanno discutere e suonano come un pungolo a mettersi sempre in discussione. Perché, come ripete papa Francesco, non bisogna avere fiducia di chi non dubita mai.

In La verità ci rende liberi (Garzanti), una conversazione con il vaticanista di Repubblica Paolo Rodari, Maggi si racconta con sincerità: non mancano ricordi autobiografici, la scoperta della vocazione, gli scontri con le gerarchie ecclesiastiche che gli sono valsi il titolo di “teologo eretico”; e al contempo, da fine biblista, ci offre le sue riflessioni su un Vangelo che troppe volte è stato presentato solamente come un insieme di norme e precetti da rispettare, pena i più tremendi castighi.

alberto maggi la verità ci rende liberi

Ma davvero seguire Gesù non è altro che un insieme di regole da non disattendere? In pagine profonde e ricche di gioia, Maggi ci insegna che è soprattutto nei periodi di maggiore difficoltà, quando siamo alle prese con le più dure prove dell’esistenza, che bisogna avere maggiore fiducia nell’uomo e nella vita.

Alberto Maggi (nella foto grande di Basso Cannarsa, ndr), frate dell’Ordine dei Servi di Maria, ha studiato nelle Pontificie Facoltà Teologiche Marianum e Gregoriana di Roma e all’École Biblique et Archéologique française di Gerusalemme. Fondatore del Centro Studi Biblici «G. Vannucci» a Montefano (MC), cura la divulgazione delle sacre scritture interpretandole sempre al servizio della giustizia, mai del potere. Con Garzanti ha pubblicato Chi non muore si rivede, Nostra signora degli eretici, L’ultima beatitudine – La morte come pienezza di vita, Di questi tempi Due in condotta.

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto:

Oggi la Chiesa vive una pesante crisi vocazionale. I sacerdoti sono sempre meno, a molti di questi sono affidate più parrocchie. E in futuro tutto precipiterà ulteriormente. Spesso i preti sono costretti a portare da soli il peso di compiti gravosi. Francesco ha dichiarato che non ritiene lecito abolire il celibato. Non pensi che il celibato possa essere eliminato e così dare spazio al sacerdozio per le persone sposate?
Non so in passato, ma oggi il celibato è una realtà scricchiolante, fa acqua da tutte le parti. Il celibato dei preti deve essere facoltativo, come per noi frati. Per noi è una scelta (un voto), per cui, se un domani il celibato non fosse più obbligatorio, per noi religiosi continuerebbe a essere una fondamentale scelta di vita. Vivo entusiasticamente il mio celibato come una scelta di libertà, di non avere alcun legame (non solo affettivo), che possa in qualche modo limitare la libertà, perché, come dice Paolo, «dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà» (2 Cor 3,17), ed è vero anche il contrario: solo dove c’è libertà c’è lo Spirito del Signore. Più si è liberi più si permette allo Spirito di manifestarsi nella propria vita.
Per quel che riguarda la legge celibataria, inoltre, occorre tenere presenti le mutate condizioni di vita. Oggi l’età media delle persone è molto più alta rispetto ai secoli scorsi: un conto è essere fedeli a un impegno per vent’anni; un altro per quaranta o sessanta. Se tanti preti, specialmente quelli anziani, che vivono nella solitudine, avessero un affetto accanto, questo non solo non toglierebbe nulla al loro ministero, ma lo arricchirebbe e li renderebbe molto più umani e comprensivi nei confronti delle necessità delle persone.
Uno dei primi passi che la Chiesa dovrà necessariamente compiere, senza deroghe e ulteriori rimandi, sarà riparare a una tremenda ingiustizia, riammettendo al ministero quei tanti, troppi preti che si sono sposati. Erano persone valide, stimate, capaci, valenti, spesso con incarichi di alto livello nella Chiesa… poi con il matrimonio (un sacramento!) sono diventati i pària della Chiesa, gli intoccabili. Molti di questi preti colpevoli di essersi innamorati e sposati sono stati perseguitati in maniera perfida, spietata e disumana dai loro vescovi, isolati dai confratelli. Definiti con disprezzo gli «spretati», hanno vissuto la loro condizione come appestati, una vergogna, spesso in miserevoli condizioni economiche. Per cosa? Per aver seguito l’amore!
La Chiesa dovrà inevitabilmente ordinare presbiteri anche uomini e donne sposati. In tutto questo il cristianesimo non ha nulla da perdere, ma tutto da guadagnare. Più la Chiesa è umana e più si manifesta il divino che è in lei.

(continua in libreria…)

Fonte: www.illibraio.it