Insegnare, davvero.
A volte resti sveglio fino alle due a correggere compiti miniandoli con note a margine degne di un copista cluniacense e glieli riporti il giorno dopo.
A volte passano mesi e ti dimentichi di averli in borsa, finché la ragazzina timida alza il ditino e a una settimana dalla fine della scuola ti chiede “Scusi prof, i compiti fatti a settembre li ha corretti?“.
A volte per una singola ora di lezione metti insieme video, effetti speciali, ci infili citazioni da testi universitari che perfino il bibliotecario ti ha mandato a quel paese quando glieli hai fatti tirare fuori dalla cripta.
A volte sei preso così tardi tra verbali, PNRR, PTOF, CCCP e FIGC, che ti siedi in cattedra con gli occhiali da sole e la faccia piena di sonno e dici “Ok ragazzi, oggi film“.
A volte riesci a mantenere la calma e l’imperturabilità di un monaco zen anche in mezzo a sollevazioni di classe, lanci di oggetti e persone, urla con la stessa quantità di decibel di un Boeing 747 in partenza.
A volte basta un colpo di tosse in più, una matita che cade per terra, un sussurro di troppo e ti trasformi in un’Erinni inferocita assetata di sangue.
A volte coi colleghi sei tutto sorrisi e scambi di idee, progetti messi su insieme, un lavoro di squadra che Guardiola non sei nessuno.
A volte l’aula insegnanti si trasforma in un’arena di gladiatori e fiere e riesci a uscire vivo solo se armato di scudi e lance.
A volte ascolti tutti i loro problemi, offri un caldo ristoro ai loro pianti, accudisci con amore le loro sofferenze, sei porto sicuro ad ogni nave in tempesta.
A volte di fronte all’ennesimo “Prof, coso mi prende in giro!” fai sì sì con la testa ma dentro di te c’è solo una voce, e quella voce dice “E sticazzi!”.
A volte coi genitori sei gentile e disponibile, pacato e affabile.
A volte no.
Decisamente, no.
A volte arrivi con un sorriso a mille denti, comunichi entusiasmo con ogni tuo gesto, mancano solo gli uccellini di Biancaneve che ti portano la borsa in classe cinguettando.
A volte quell’entusiasmo lì ce l’hai, sì: ma all’uscita, dopo l’ultima campanella.
A volte sei il prof che tutti vorrebbero.
A volte sei quello che neanche tu vorresti.
Ma sempre, in ogni caso sempre, ricordati il motivo per cui sei lì: accendere una luce. Innaffiare una radice.
Essere mano sulla spalla: orecchio, più che voce.
Sei lì, proprio lì, dove le cose ancora possono cambiare.
Sei dove diventa perfino possibile sognare.
Sei in uno dei pochi posti rimasti dove ancora ci si può salvare.
L’AUTORE – Enrico Galiano, insegnante e scrittore friulano classe ’77, in classe come sui social, dove è molto seguito, sa come parlare ai ragazzi.
Dopo il successo di romanzi (tutti pubblicati da Garzanti) come Eppure cadiamo felici, Tutta la vita che vuoi, Felici contro il mondo, e Più forte di ogni addio, ha pubblicato un libro molto particolare, Basta un attimo per tornare bambini, illustrato da Sara Di Francescantonio. È poi tornato al romanzo con Dormi stanotte sul mio cuore, e sempre per Garzanti è uscito il suo primo saggio, L’arte di sbagliare alla grande.
Con Salani Galiano ha quindi pubblicato la sua prima storia per ragazzi, La società segreta dei salvaparole. Ed è poi uscito, ancora per Garzanti, il suo secondo saggio, Scuola di felicità per eterni ripetenti. Dopo il romanzo Geografia di un dolore perfetto, è tornato in libreria con Una vita non basta… E ora ha pubblicato con Salani il suo nuovo libro per ragazzi,
L’incredibile avventura di un super-errore.
Qui è possibile leggere tutti gli articoli scritti da Galiano per il nostro sito, con cui collabora con costanza da diversi anni (anche in versione video, su Instagram e TikTok).
Fonte: www.illibraio.it