C’è un animale mitologico che in Italia tutti conoscono: il genitore di settembre.
Lo riconosci perché ha lo sguardo allucinato, il badge aziendale al collo e due figli appesi come trolley ai lati.
È quello che torna in ufficio a fine agosto, mentre la scuola si fa desiderare fino a metà settembre.
TRE SETTIMANE DI TERRA DI NESSUNO…
Già. In quel tempo sospeso succede di tutto: bambini parcheggiati in ufficio come faldoni, riunioni con sottofondo di Peppa Pig, mamme e papà che si passano i figli come staffette olimpiche.
I più fortunati hanno i nonni, ormai trasformati in una specie di Agenzia Interinale per l’Infanzia. Gli altri devono inventarsi soluzioni: dal “porta tuo figlio in ufficio day” al “lasciamo che si allevino a vicenda nel cortile condominiale”.
Eppure, qualcuno dirà, cosa volete che siano tre settimane?
Il fatto è che quelle tre settimane arrivano alla fine di tre, lunghissimi, mesi. E lì la faccenda cambia. Perché se puoi permettertelo, i tuoi figli hanno passato l’estate tra campus sportivi, laboratori di coding e viaggi studio in Cornovaglia con tanto di cricket nel parco.
Ma se non puoi, ci sono le giornate infinite davanti alla tv, il tablet che diventa babysitter e i genitori che la sera si sentono in colpa come se avessero lasciato il figlio in autostrada. E così, mentre i figli dei più abbienti imparano l’inglese sorseggiando Earl Grey, gli altri scoprono che su YouTube puoi vederti tutta la carriera di Fedez senza interruzioni pubblicitarie.
È qui che la vacanza lunga smette di essere riposo e diventa ingiustizia. Perché allarga il divario: chi ha più possibilità accumula esperienze, chi non ne ha si arrangia.
MA PERCHÉ QUESTE VACANZE COSÌ LUNGHE?
Be’, non è sempre stato così per caso.
L’estate lunghissima è un retaggio agricolo: in un Paese contadino, servivano braccia nei campi per la mietitura e la vendemmia, e i ragazzi venivano liberati da scuola per dare una mano.
Una scelta che poteva avere senso quando metà della popolazione viveva di agricoltura. Oggi, però, è un anacronismo: i campi hanno le macchine, e i figli non li manda più nessuno a raccogliere il grano.
Restiamo così tra i pochi Paesi europei con quasi 100 giorni di vacanza, mentre in Germania non si superano i 46, in Francia i 56 e in Spagna gli 84 (con giornate scolastiche più lunghe).

UN RECORD CHE NON HA NULLA DI INVIDIABILE
Quello che altrove è un tempo di pausa qui diventa un vero e proprio letargo: quando a settembre si riaprono i cancelli, non tutti i ragazzi partono dallo stesso punto. C’è chi porta nello zaino esperienze, lingue straniere e nuove competenze, e chi invece deve prima ricordarsi l’alfabeto: “Ragazzi, questa è la A. Sì, come Alexa!”.
Perché la mente è un muscolo, e tre mesi senza allenamento rischiano di trasformarla in un budino.
Così gli insegnanti passano le prime settimane non a costruire sapere nuovo, ma a riparare i danni della “summer slide”, cioè la perdita di apprendimento che colpisce soprattutto chi ha avuto meno stimoli. E quella che dovrebbe essere una pausa rigenerante diventa un boomerang: complica la vita ai genitori, allarga le disuguaglianze e rallenta l’apprendimento.
Forse è il momento di ammetterlo: tre mesi di vacanza non sono più un diritto al riposo, ma un lusso che non ci possiamo permettere. Né come famiglie, né come società.
E finché non avremo il coraggio di rimodulare il calendario scolastico, distribuendo meglio le pause durante l’anno o accorciando l’estate, continueremo a chiedere ai nonni e agli insegnanti di fare quello che spetterebbe allo Stato: tenere insieme famiglie e futuro.
L’AUTORE – Enrico Galiano, insegnante e scrittore friulano classe ’77, in classe come sui social, dove è molto seguito, sa come parlare ai ragazzi.
Dopo il successo di romanzi (tutti usciti per Garzanti) come Eppure cadiamo felici, Tutta la vita che vuoi, Felici contro il mondo, e Più forte di ogni addio, ha pubblicato un libro particolare, Basta un attimo per tornare bambini, illustrato da Sara Di Francescantonio. È poi tornato al romanzo con Dormi stanotte sul mio cuore, e sempre per Garzanti è uscito il suo primo saggio, L’arte di sbagliare alla grande. Con Salani Galiano ha quindi pubblicato la sua prima storia per ragazzi, La società segreta dei salvaparole. Ed è poi uscito, ancora per Garzanti, il suo secondo saggio, Scuola di felicità per eterni ripetenti. Dopo il romanzo Geografia di un dolore perfetto, è tornato in libreria con Una vita non basta, e ha poi pubblicato con Salani il ultimo libro per ragazzi, L’incredibile avventura di un super-errore.
Da metà maggio 2025, per Garzanti, è in libreria il nuovo romanzo, Quel posto che chiami casa.
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Fonte: www.illibraio.it