A maggio succede una cosa strana, che ha del prodigioso: una modificazione linguistica, una metamorfosi glottologica che fa sì che gli studenti, quando si rivolgono a un professore, riescano a pronunciare solo un’unica frase. La seguente: “Prof, posso ancora recuperare vero?”
Eh sì, per qualche strano meccanismo del loro orologio biologico-scolastico, molti studenti si rendono conto che esistono i libri e che occasionalmente bisognerebbe anche aprirli, solo in queste ultime settimane di scuola, quando la marea si alza e la paura di non farcela è più onnipresente nei loro pensieri di Sgarbi in tv.
E qui noi insegnanti dovremmo essere saggi, professionali, super partes e compagnia bella, e non fare un errore che facciamo in tantissimi: aspettare maggio (e giugno!) per riempirli di verifiche e interrogazioni.
Niente di più sbagliato! I motivi sono fin troppi: l’inevitabile calo di attenzione tipico della primavera (ammettetelo: quante volte vi succede di perdere cinque minuti buoni di lezione perché un’ape è entrata in classe?), l’ancora più inevitabile calo delle forze ma, soprattutto, la figura che ci facciamo.
Sarebbe ora di dirlo ragazzi: far piovere, o meglio diluviare, tutti insieme compiti e interrogazioni delle più diverse materie è segno di disorganizzazione da parte nostra. Facciamo la figura di quegli studenti che non combinano nulla per tutto il weekend e poi arrivano alla domenica sera con 70 pagine di storia, un tema e 30 esercizi di chimica ancora da fare, o che, appunto, si riducono agli ultimi di maggio con il fatidico “Posso ancora recuperare vero?”. Non è un buon esempio!
Posso capire il concetto: lo facciamo per dare una mano a chi deve sistemare dei voti bassi. Vero, ma c’è anche chi coi voti è a posto, e a cui una debacle magari dettata dallo stress o dalla stanchezza può costare molto cara. Le ultime settimane, quindi, dovrebbero essere destinate ai compiti di recupero, sì, ma solo per gli studenti che devono effettivamente recuperare, non per tutti.
E gli ultimi giorni di scuola, quando nelle classi si soffoca e ogni tanto ti sembra di veder passare fra i banchi Caronte, usciamo fuori, portiamoli a mangiare un gelato. Tanto lo sappiamo già, che anche seduti al bar con il cono in mano, l’ultimo giorno di scuola, ci sarà lo studente che ci chiederà: “Ma prof, io posso ancora recuperare vero?”.
L’AUTORE – Enrico Galiano, insegnante e scrittore molto seguito sui social, da docente ha un motto: «Non ti ascoltano, se tu per primo non li ascolti».
Eppure cadiamo felici (Garzanti), il suo romanzo d’esordio, racconta la storia di una ragazza di nome Gioia che colleziona parole intraducibili e si innamora di Lo che, nascosto dal cappuccio della felpa, gioca da solo a freccette in un bar chiuso. Quando i due giovani si innamorano, Lo sparisce nel nulla e starà a Gioia scoprire cosa è successo…
Il suo secondo romanzo, Tutta la vita che vuoi, vede protagonisti tre adolescenti, che parlano di loro stessi, delle loro paure, delle loro speranze e imparano che per sentirsi vivi c’è solo una cosa da fare: mettersi in gioco, rischiare qualcosa di vero.
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Fonte: www.illibraio.it