“Tutto quello che so sulla scrittura…”: “Bare intagliate a mano” di Truman Capote

di Silvia Cannarsa | 03.06.2024

Se esiste al mondo un personaggio, un autore, uno scrittore, che affascina per la sua grazia, cattiveria e acume è proprio Truman Capote, nato nel 1924 e dalla cui penna fuoriuscirono tantissimi capolavori e altrettante feroci frecciate ai suoi contemporanei.

Truman Capote pubblicò per la prima volta il reportage Bare intagliate a mano (proposto ora da Garzanti nella traduzione di Marco Rossari) all’interno di una raccolta di altri suoi scritti, Musica per camaleonti (Garzanti, traduzione di Mariapaola Ricci Dèttore): tra questi c’erano racconti d’infanzia, chiacchierate con Marylin Monroe a un funerale, dialoghi con il suo super-io (di Truman Capote, non di Marylin Monroe) a cui appartiene l’indimenticabile dichiarazione: “Sono un alcolizzato. Sono un tossicomane. Sono un omosessuale. Sono un genio” (Rigiramenti notturni, ovvero le esperienze sessuali di due gemelli siamesi).

Ma, il perno attorno a cui girava questa raccolta – mai caotica, ma sicuramente confusionaria e immersiva per chi la leggeva – era “l’inchiesta narrativa” Bare intagliate a mano.

Costruita come un lungo dialogo racconta un caso di cronaca reale attraverso il rapporto di Capote con Jake Pepper, l’investigatore assegnato al caso.

Capote era già conosciutissimo da un decennio per A sangue freddo, quello che viene comunemente riconosciuto come uno dei primi veri reportage narrativi. Il romanzo-verità – una pratica che nel mondo anglosassone esplose poi negli anni immediatamente successivi – raccontava un altro caso di cronaca nera e violentissima e del rapporto che l’autore aveva poi sviluppato con due assassini.

Truman Capote, Bare intagliate a mano, traduzione di Marco Rossari

Proprio a partire da questa sua fama, in Bare intagliate a mano, Jake Pepper contatta Capote, e per anni si scambiano informazioni su un caso seriale. Un assassino che uccide dopo aver spedito alle sue vittime una bara intagliata a mano, con dentro una foto della vittima.

Nel 2024 siamo molto abituati a parlare di cronaca nera e approfondire anche i casi più truculenti, abbiamo fatto pace con la definizione di serial killer, e i più di noi sanno che si può applicare dopo tre omicidi. Negli anni ’70 era appena stata coniata, e infatti Truman Capote non la pronuncia mai. Non indica mai il presunto assassino con la parola “seriale“, né fa riferimento ad altri casi tra loro correlati.

L’amicizia tra Truman Capote e Jake Pepper nasce da una telefonata, e si scalda sotto la neve che cade in un “piccolo Stato dell’Ovest” (il Nebraska).

Capote, come Pepper, si fa coinvolgere troppo dalla vicenda, prima per la sua ferocia e peculiarità – gli omicidi sono tutti diversi e affascinanti -, poi per il legame che sviluppa con alcuni abitanti del paese.

Nebrasca, campo coperto di neve, animali, uccelli, tramondo, luce tra le nuvole
Il Nebraska sotto la neve – foto di Ryan McGinnis via GettyImages

Non ci dobbiamo ingannare, come per tutto ciò che scrive Capote, in Bare intagliate a mano il confine tra finzione e realtà è sottile e s’incrina con facilità, ed è questa la magia. C’è finzione nell’ordine degli eventi, nel montaggio serrato e nelle parole che Capote e Pepper si scambiano, e chissà per quante altre cose

Bare intagliate a mano, infatti, non è irresistibile solo per la storia che racconta – ancora inquietante e d’impatto, nonostante i nostri consumi di true crime siano aumentati – ma anche per come è raccontata.

Lo scambio quasi costante tra Capote e Pepper non impedisce a chi legge di immaginare i luoghi, le stanze in cui è ambientato, i diner sulla statale e i tavoli imbanditi per il Giorno del Ringraziamento.

Non impedisce nemmeno all’autore di essere assorbito quasi completamente da un ricordo, una memoria che lo trascina indietro nel tempo, alla sua infanzia in California, e ci fa astrarre dalla partita a scacchi a cui sta partecipando (e quasi vincendo).

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Non per niente, a proposito di questo reportage, Capote dichiarò che “[Bare intagliate a mano è, ndr] un distillato di tutto quello che so sulla scrittura: scrittura di racconti, sceneggiatura cinematografica, giornalismo“.

A cento anni dalla nascita dello scrittore, torna dunque questo piccolo gioiello, in una nuova traduzione d’autore. E non può che rendere felici i vecchi appassionati e forse anche i nuovi lettori e le nuove lettrici che lo incontreranno.

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Fonte: www.illibraio.it