Alla ricerca di un Proust dimenticato: storia di nove novelle rimaste inedite per oltre un secolo

di Eva Luna Mascolino | 07.07.2021

E se, oltre alla Recherche e alle sue opere minori, venissero allo scoperto delle brevi istantanee narrative di Marcel Proust (1871-1922), rimaste inedite per oltre un secolo? E se in questi nove racconti, in alcuni casi incompleti, si rintracciasse già la poliedricità dell’autore della maturità?

È quello che è successo di recente grazie allo studioso ed editore Bernard de Fallois, che aveva scoperto questo materiale negli anni ’50 durante le sue ricerche e ne ha permesso la pubblicazione in Francia nel 2019. Ora Garzanti le ha portate in Italia nella traduzione di Margherita Botto, all’interno della storica collana “I libri della Spiga“, che è stata rilanciata e rinnovata proprio a partire dall’opera in questione.

Copertina del libro Il corrispondente misterioso di Marcel Proust

Il libro si intitola Il corrispondente misterioso e prende il nome da una delle novelle di cui si compone: in parte si tratta di materiale poi ripreso e ampliato nel suo massimo capolavoro, in parte di stesure rimaste sconosciute al pubblico fino a oggi.

A scoprirle, finalmente, un rigo dopo l’altro, appaiono come finestre lasciate aperte quasi per caso, da cui si osserva avanzare con passo cauto lo spettacolo della vita. I personaggi descritti, infatti, vivono a modo loro un dramma, che Proust non riuscì a esorcizzare fino in fondo mentre era in vita, come fa notare Luc Fraisse nel suo apparato critico: il rapporto con la morale cristiana, da una parte, e con l’omosessualità all’estremo opposto.

Ne consegue che l’autore non parla di sé in maniera diretta, però scrive essenzialmente per sé, per tirare fuori tra esitazioni e contraddizioni un dilemma del quale non riuscì a trovare una soluzione liberatoria.

Qui la sua scrittura diventa quindi un espediente non tanto letterario, quanto piuttosto umanizzante, perché permette di guardare al microscopio un tabù e di temerlo un po’ meno, o comunque di conoscerlo meglio. Ne addolcisce i bordi, ne sfilaccia a tratti l’ordito. Poi non può che battere in ritirata, certo, o ricorrere a delle perifrasi di trama in grado di tenere distinti e separati l’io scrittore dall’io narrante – e ancora di più dall’io narrato.

“Prima di vederlo lei voleva amarlo, lo vide, lo amò, e a furia di pensare a lui gli aveva donato la propria immaginazione e senza precisarla troppo per non dissolvere il suo prestigioso mistero una perfetta [interrotto]”, è per esempio la conclusione emblematica del racconto Il corrispondente misterioso, grazie a cui si intuisce fino a che punto, fra storie filosofiche e fantastiche, di memento mori o di suspense, Proust abbia costruito il fil rouge dell’opera.

Un ruolo centrale nella raccolta è inoltre giocato dal sogno, simile a una pietra che increspa la superficie del lago della ragione: fra le sue rughe buie si intravedono luci insistenti, voci che cantano in un paradiso straniero. Questo elemento sembra richiamare a sua volta i flutti linguistici della Recherche, pur senza mai avvicinarsi troppo per ricchezza della struttura.

A volte, però, come succede anche nei suoi grandi romanzi, la storia parte da molto più lontano rispetto all’incipit, inizia da lì accidentalmente, per un’associazione di idee tra un episodio secondario e una questione esistenziale ben più grande, da mettere a fuoco sempre meglio nel corso della storia.

Altre volte, invece, nello spazio dei primi paragrafi si sente già tuonare una violenza espressiva e di significati che quasi non avrebbe bisogno di prolungarsi per un’intera novella, compiuta com’è già nella sua prima e fugace apparizione.

Quale che sia il caso, da tutte le storie emergono l’attenzione dell’autore per una costante variazione enigmatica sul leitmotiv principale e la sua letteraria “alternativa alla disperazione”, oltre a “la meraviglia davanti alla bellezza, lo spessore di vita che racchiudono il mistero, l’enigma da risolvere, e la ricchezza inalienabile che ognuno possiede, e che è l’esplorazione del proprio mondo interiore“.

Cosicché a spiccare, alla fine dei giochi, è il ritratto composito e struggente di un colosso vestito da uomo, o forse di un uomo che troppo a lungo ha cercato di non essere tale, e si è appoggiato sul viso una imperturbabile maschera di sale.

Fonte: www.illibraio.it