«Aaargh, no, ancora!» Lo sconforto è profondo: lo ha fatto di nuovo. Rimiro gli scaffali della libreria, puliti, spolverati, luccicanti. Ma i libri… i libri: mescolati, rivoltati, innaturalmente riaccoppiati. Benedetta signora delle pulizie, ma è tanto difficile togliere i libri, spolverare e rimetterli com’erano? Sì, lo so, è difficile, troppo. Altrimenti come sarebbe che ogni volta è la stessa solfa? Che la letteratura è mescolata alla storia? Che i libri in alto sono finiti in basso? Che alcuni volumi sono sottosopra?
Ebbene sì, ora lo so cosa mi aspetta: alcune serate di passione, togliendo, rimettendo, riordinando. E già successo, succederà ancora, temo. Alle proteste, la risposta è disarmante: «Non credevo fosse importante». Già, non credevi. Invece lo è.
Dunque vediamo, prima il trasloco, poi tutto giù perché bisognava modificare la libreria, poi una spolverata di quelle, ora di nuovo. Risultato: è la quarta volta in un paio d’anni che devo riordinare la libreria; anche ora semplifico. Basta divisioni cervellotiche, la letteratura italiana di qua, quella straniera di là, i libri dei giornalisti, quelli di storia. No, ora la facciamo più facile storia a sinistra, narrativa a destra. In mezzo, a dividere, gli scaffali con i libri miei, nel senso di quelli scritti da me, che poi non occupano tanto spazio: un paio di riquadri della libreria Ikea (eh sì, una banale libreria low cost che negli anni si è ingiallita assai: ora non regge più il paragone con il bianco della parete di fondo).
Cominciamo quindi da sinistra in alto: storia, e tra questi quelli a cui tengo di più, ovvero i libri di storia di Venezia. Molti mi servono per consultarli quando scrivo, altri li tengo perché mi sono piaciuti, altri non li ho letti e chissà se li leggerò mai. Ma è difficile resistere alla tentazione di un nuovo libro che narri la storia della mia città, oggi lacera e corsa, un tempo una superpotenza che neanche gli Stati Uniti (fatti i debiti confronti, s’intende).
Le navi veneziane incutevano rispetto, gli ottomani le guardavano con timore; oggi, al massimo, parliamo di vaporetti.
Dall’alto in basso, al giro degli scaffali tutta la storia asburgica. L’Austria-Ungheria viene seconda nel mio cuore, dopo la Serenissima. Contradditorio, lo so: Vienna e Venezia se le sono date per secoli, finché la prima si è mangiata la seconda (e ha spostato la capitale a Milano e le attrezzature portuali a Trieste, tanto per far capire all’ex rivale che era finita davvero). Ma lasciatemi le mie contraddizioni. E poi entrambe, Serenissima e monarchia asburgica sono finite per mano francese, uccise da Napoleone Bonaparte l’una, da Georges Clemenceau l’altra. Nemiche in vita, unite nella morte.
Poi le rinfuse: storie varie, qualcosa sulle due guerre mondiali, i libri di Margaret McMillan (ah, se solo riuscissi a scrivere bene il dieci per cento di come scrive lei), i libri di reportage giornalistici. Non ne ho molti, ho abbandonato il genere da quando non faccio più il responsabile esteri in un giornale, e ormai sono passati un po’ di anni. Al di sotto dei libri di cui sono autore, sistemo quelli che al momento mi servono per lavorare, quindi cambiano. In genere regalo le bibliografie dei libri che ho scritto a qualche biblioteca (non ho più spazio, ma invariabilmente mi tocca ricomprare qualcuno dei volumi donati).
E ora eccosi alla narrativa. Una buona metà abbondante della biblioteca. Il criterio è molto semplice: ordine alfabetico, ho abbandonato qualsiasi altra divisione. Si comincia con Altenberg (Peter) e si finisce con Zweig (Stefan). Il che la dice abbastanza lunga sui miei gusti letterari.
*L’autore – Alessandro Marzo Magno, veneziano, laureato in Storia veneta all’Università di Venezia, vive e lavora a Milano. È stato per dieci anni caposervizio esteri del settimanale Diario. Ha pubblicato tra l’altro La guerra dei dieci anni. Jugoslavia 1991-2001 (2001), Piave. Cronache di un fiume sacro (2010), Atene 1687. Venezia, i turchi e la distruzione del Partenone (2011). Il suo ultimo libro è Il genio del gusto – Come il mangiare italiano ha conquistato il mondo (Garzanti)
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Fonte: www.illibraio.it