Il “Decameron” di Giovanni Boccaccio, in breve

di Eva Luna Mascolino | 04.04.2024

Il Decameron (Garzanti, a cura di Antonio Enzo Quaglio) di Giovanni Boccaccio (1313-1375) è forse una delle opere della letteratura italiana più conosciute di tutti i tempi, punto di riferimento imprescindibile per studiosi e letterati di ogni sorta, come anche per chi ama leggere, scrivere e scoprire nuove sfumature della lingua italiana.

Si tratta infatti di un’opera ancora molto attuale per forma, contenuti e significati, che venne composta a partire dal 1349 prendendo spunto dall’epidemia di peste nera che imperversava in Europa già dal 1348. Il suo titolo deriva dal greco (lett. déka, dieci, e hēméra, giorno) e si ispira con intenti parodici all’Hexameron di Sant’Ambrogio (340 circa – 397), in cui venivano invece raccontati i sei giorni della creazione del mondo da parte di Dio.

Se non vi siete ancora cimentate e cimentati con questa affascinante lettura, se volete conoscerne la trama, la struttura o qualche curiosità, abbiamo preparato una sintetica scheda che ripercorre i punti principali di questa fondamentale raccolta di novelle del Trecento italiano.

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Il Decameron: di cosa parla, in breve

Il Decameron si apre nel 1348 a Firenze, quando dieci giovani amici decidono di allontanarsi dalla città per sfuggire al contagio e ritrovare un po’ di serenità in un locus amœnus: è così che l’allegra brigata, composta da sette ragazze e tre ragazzi, si ritrova in una villa di campagna, dove passerà appunto dieci giorni fra canti, balli, preghiere, giochi e soprattutto novelle.

Il loro intento, infatti, non è solo quello di distrarsi, ma anche di ritrovare un equilibrio di comportamento e di pensiero, che l’angoscia della peste sembra avere un po’ offuscato. Ogni giorno, decidono quindi di nominare un re o una regina, che fra le altre cose ha il compito di scegliere una tematica per la storia che ogni membro del gruppo dovrà raccontare ad alta voce.

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Questa è dunque la cornice narrativa dell’opera, che allontanandosi dalla tradizione medievale di ordine e rigore prende invece spunto dalla letteratura indiana e araba, concentrandosi su argomenti come l’amore infelice e felice, le beffe ai danni del prossimo, le risposte argute che possono tirarci fuori da situazioni spiacevoli le avversità da superare o gli obiettivi da raggiungere.

Così, all’interno del Decameron, troviamo tanti spunti di saggezza popolare, per i quali Boccaccio attinge alla tradizione volgare fiorentina, nonché una ricostruzione delle usanze e dei valori aristocratici che, per la prima volta, si mescolano a quelli della borghesia mercantile in ascesa.

Non a caso, in questo testo dedicato espressamente alle donne, e che le rappresenta nelle loro molteplici manifestazioni, a spiccare sono i concetti della Fortuna e della Natura: la prima si riferisce alle forze a noi esterne a cui dobbiamo sottostare, come il caso e le fatalità, mentre la seconda si riferisce alle attitudini personali con cui stabiliamo di reagire alle difficoltà.

Qualche curiosità sul Decameron di Boccaccio

Fino al XVII secolo, il Decameron resta uno dei manoscritti più copiati nel territorio italico, e anche dopo l’invenzione della stampa si configura come uno dei testi più diffusi dalle tipografie: non per niente, nel Cinquecento, Pietro Bembo (1470-1547) si inserisce nel dibattito sulla questione della lingua indicandolo come modello di riferimento per la prosa letteraria.

Eppure, l’opera viene anche criticata per via di certi risvolti non proprio in linea con la morale dell’epoca e per alcuni suoi contenuti a sfondo erotico, al punto da essere inserita nell’Indice dei Libri Proibiti voluto da Papa Paolo IV Carafa, che per qualche tempo censura il Decameron e affida ad alcuni esperti fiorentini (i Deputati) il compito di ripulirlo.

Non tutti sanno, per di più, che le novelle del Decameron non sono esattamente 100 (ovvero dieci al giorno, per dieci giornate), bensì 101: pur non facendo parte di quelle condivise dall’allegra brigata, c’è infatti un’ulteriore storia che lo stesso Boccaccio racconta all’inizio della IV giornata, e che è conosciuta come la novella delle papere.

La frase più memorabile dell’opera

Sono tante le frasi del Decameron che sono passate alla storia, grazie anche allo spessore di personaggi quali Andreuccio da Perugia, Chichibio, Lisabetta da Messina, Nastagio degli onesti, Ghita o Cepparello da Prato.

Ma, tra queste, una che spicca particolarmente è senza dubbio la sentenza contenuta nella quinta novella della III giornata, ovvero quella che vede il Zima donare a messer Francesco Vergellesi un suo pallafreno. Una citazione che ben riassume lo spirito dell’opera e il suo invito all’intraprendenza, e che recita:

Meglio fare e pentere, che starsi e pentersi.

I retelling contemporanei

Già a partire dal Novecento le novelle del Decameron hanno dato vita a vari adattamenti cinematografici: pensiamo a Il Decameron di Pier Paolo Pasolini nel 1971, a Il Decamerone proibito di Carlo Infascelli nel 1972, alla commedia americana Decameron Pie di David Leland nel 2007 e al più recente Maraviglioso Boccaccio di Paolo e Vittorio Taviani nel 2015.

E non è tutto, perché – negli anni segnati dalla pandemia da Covid-19 – anche il mondo della letteratura ha assistito a un ritorno alle novelle boccaccesche, che sono state riadattate in diversi esperimenti di retelling contemporaneo.

Fra questi, ricordiamo in particolare il progetto degli editor del New York Times Magazine, che hanno dato vita al Decameron Project (trasposto in italiano da 17 traduttori e traduttrici per NN), coinvolgendo autori e autrici come Margaret Atwood, Edwidge Danticat, Charles Yu, Paolo Giordano, Liz Moore e Yiyun Li, così come l’antologia L’allegra brigata (Neri Pozza), che invece ha visto protagonisti scrittrici e scrittori quali Sandra Petrignani, Novita Amadei, Wanda Marasco, Francesca Diotallevi, Piera Ventre, Olivier Guez, Antonella Ossorio, Eleonora Marangoni, Giuseppe Munforte, Roberto Cotroneo ed Emanuele Trevi.

Da non dimenticare neanche il Nuovo Decameron (HarperCollins Italia), in cui Barbara Alberti, Chiara Barzini, Jonathan Bazzi, Ilaria Gaspari, Jhumpa Lahiri, Antonella Lattanzi, Michele Mari, Michela Marzano, Stefano Massini e Chiara Valerio hanno scritto invece delle storie che giocano con le novelle originali di Giovanni Boccaccio, riprendendone in modo più o meno libero la trama.

Chi era Giovanni Boccaccio

Nato in Toscana nel 1313, Giovanni Boccaccio potrebbe essere originario di Certaldo o di Firenze, ma quel che è certo è che nasce a seguito della relazione illecita tra il mercante Boccaccino di Chelino e una donna di ceto più basso, il cui figlio però viene riconosciuto subito dal padre.

All’età di 14 anni si sposta con il genitore nella città di Napoli, per seguirlo nella sua attività commerciale, ma viene attratto per lo più dai frequentatori della corte angioina e si avvicina per la prima volta ai divertimenti mondani e alla letteratura, appassionandosi alle opere grecolatine e a quelle provenzali.

Negli anni successivi si impegna a riportare in auge il volgare fiorentino e compone opere d’intrattenimento colto, in cui affronta spesso il tema dell’amore e sperimenta con la lingua e con i codici dell’epoca, per discostarsi dai canoni del suo tempo.

Costretto a tornare a Firenze per motivi economici nel 1340, si discosterà gradualmente dalla letteratura cortese fino allo scoppio della peste nel 1348, a cui segue il successo del Decameron e un periodo di maggiore benessere finanziario, che gli permette di riprendere gli studi.

Caro amico di Francesco Petrarca (1304-1374), nel 1373 Boccaccio viene inoltre invitato dal comune di Firenze a leggere e commentare in pubblico la Commedia di Dante Alighieri (1265-1321), per poi infine ritirarsi negli ultimi anni della sua vita presso Certaldo, dove morirà nel 1375.

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Fonte: www.illibraio.it