Apparso per la prima volta in alcune riviste tra il 1893 e il 1894, Il libro della giungla (Garzanti, traduzione di Giuseppe Maugeri) è il testo più famoso dello scrittore Rudyard Kipling (1865-1936), vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 1907.
Una storia senza tempo, che dalla sua pubblicazione a oggi conta più di 500 edizioni di stampa e oltre 100 versioni in audiolibro, nonché decine di adattamenti di ogni sorta: dai videogame ai lungometraggi, dai brani musicali alle opere teatrali, senza dimenticare i fumetti, le serie televisive e animate e il classico Walt Disney Il libro della giungla del 1967, diretto da Wolfgang Reitherman.
Se non l’avete ancora letto, se volete (ri)scoprirne la trama o anche solo qualche curiosità, in questo articolo ripercorriamo gli elementi chiave di uno dei più celebri libri d’avventura della letteratura inglese:
Il libro della giungla: di cosa parla, in breve
Cominciamo specificando che Il libro della giungla, a differenza di ciò che si potrebbe pensare, non è un romanzo, bensì una raccolta di sette racconti (illustrati sia dall’autore che da suo padre, John Lockwood Kipling), che si concludono tutti con un epigramma e che si intitolano: I fratelli di Mowgli, La caccia di Kaa, La tigre! La tigre!, La foca bianca, Rikki-tikki-tavi, Toomai degli elefanti e Al servizio della regina.
I primi tre hanno per protagonista il famoso Mowgli, un “cucciolo d’uomo” salvato dalle grinfie della tigre Shere Khan da parte del branco di lupi che vive della giungla di Seeonee: una volta adottato da Raksha, il piccolo viene accettato nel branco grazie all’intervento del capo lupo Akela, e cresce stringendo amicizia con l’orso Baloo e la pantera Bagheera, da cui impara la cosiddetta “legge della giungla“.
Quando, però, Mowgli viene rapito dalle scimmie Bandar-log, che lo portano presso le Rovine Fredde, i suoi amici per salvarlo devono chiedere anche l’intervento dell’enorme pitone Kaa e della sua danza ipnotica. Intanto il “cucciolo d’uomo” sta crescendo, e i lupi – spaventati dalla sua natura umana – lo cacciano dal branco e lo spingono ad andare ad abitare in un villaggio umano.
Mowgli si adatta con fatica alla sua nuova vita e, venuto a sapere che Shere Khan ha intenzione di ucciderlo, ordisce un piano per eliminare la tigre senza che se lo aspetti: dimostra così di avere un grande coraggio, anche se dopo aver portato a termine la missione continua a non essere ben visto al villaggio e decide di ritornare nella giungla.
Gli altri racconti della raccolta parlano rispettivamente di Kotick, una rara foca albina che cerca una terra sicura per le sue simili, al riparo dai cacciatori; e di Rikki-Tikki-Tavi, una prode mangusta che protegge una famiglia umana dall’attacco di due crudeli cobra, riuscendo a sconfiggerli.
Si passa poi alla vicenda di Toomai, un giovane mahout (cioè un guardiano di elefanti) che assiste al misterioso e leggendario “ballo degli elefanti“, guadagnandosi il rispetto degli uomini della giungla; e si conclude con svariati animali dell’esercito britannico che ci parlano del loro ruolo in battaglia e dell’importanza della disciplina.
Qualche curiosità su Il libro della giungla
Le storie contenute ne Il libro della giungla hanno quindi per protagonisti degli animali antropomorfi, che rappresentano un’allegoria della società inglese dell’epoca, e si concludono di solito con una morale, ricordando da questo punto di vista la struttura tipica delle favole.
Al tempo stesso, però, si basano su un viaggio dell’eroe che rispecchia da vicino quello delle fiabe, soprattutto se pensiamo ai temi legati al personaggio di Mowgli: nella giungla (il cui archetipo coincide con quello di boschi e foreste) il “cucciolo d’uomo” impara il valore della libertà e quello dell’autorità, ma dovrà allontanarsi da questo luogo dell’infanzia, con le sue regole e le sue personalità più o meno positive, per accedere al mondo della maturità, che non è contrapposto o migliore rispetto a quello da cui proviene, ma che rappresenta semplicemente una tappa inevitabile della crescita.
Di particolare interesse è anche il fatto che l’opera costituisca una delle fonti più dettagliate e affascinanti sui rapporti tra l’Occidente e l’India negli ultimi decenni del XIX secolo, intercettando non solo una crescente curiosità per l’esotismo da parte del pubblico europeo e americano, ma descrivendoci anche le conseguenze di un fenomeno complesso e controverso come quello del colonialismo.
Non tutti sanno, peraltro, che nel 1895 l’autore pubblicò anche il Secondo libro della giungla, che riecheggia la struttura del volume precedente presentandoci otto nuovi racconti, cinque dei quali sono nuovamente dedicati a Mowgli.
Qui il ragazzo dovrà fare i conti con una grave siccità, con un antico pugnale maledetto e con un branco di feroci cani rossi, finché, ormai adolescente, non realizzerà che il suo tempo nella giungla sta ormai volgendo al termine, e non deciderà di confrontarsi per l’ultima volta con il branco di lupi in cui è cresciuto, per poi incamminarsi definitivamente verso il villaggio umano.
La citazione più memorabile
Come abbiamo visto, dunque, Il libro della giungla non contrappone gli animali agli esseri umani in ottica darwiniana, né fa pensare che l’una comunità sia meno pericolosa o più invidiabile dell’altra: entrambe hanno nobili credenze e tradizioni, ruoli sociali ben precisi e difficoltà da superare, come pure un certo ascendente sul protagonista.
Del resto, Mowgli è sì un uomo, ma è anche un cucciolo, stesso termine con cui viene definita in genere la prole degli animali, e in una delle citazioni più memorabili del libro rivendica le proprie origini con affetto e con orgoglio:
Un passaggio che sottolinea la consapevolezza interiore del personaggio e del suo doppio senso di appartenenza: a contare nella sua formazione non è esclusivamente il villaggio umano nel quale era nato, ma pure il contesto in cui è stato accolto, la visione del mondo che ha sviluppato insieme ai lupi e gli insegnamenti che ha acquisito, sacri al punto da non essere abbandonati nemmeno in età più adulta.
L’autore
L’ambientazione de Il libro della giungla è fortemente ispirata alla biografia del suo autore, Rudyard Kipling (1865-1936), nato a Bombay da genitori britannici. Fu nel cuore dell’India che trascorse infatti i suoi primi anni, fra l’influenza coloniale inglese e uno stretto contatto con la natura; costretto in seguito a spostarsi nel Regno Unito per istruirsi, fece di tutto per tornare in India nel 1882, dove iniziò a lavorare come giornalista.
In quel frangente cominciò anche a scrivere i racconti e le poesie che lo avrebbero fatto conoscere in tutto il mondo, per poi rientrare in Inghilterra nel 1889, dove pubblicò Il libro della giungla e successivamente il romanzo Kim (Garzanti, traduzione di Maria Teresa Carbone). Visse per alcuni anni anche negli Stati Uniti, salvo ritornare infine in pianta stabile in Europa, dove continuò a pubblicare le sue opere e a viaggiare.
Amico del generale Robert Baden-Powell (1857-1941), noto per essere stato il fondatore degli scout, Kipling dovette ispirarlo profondamente con le avventure di Mowgli, se consideriamo che ancora oggi la fascia di età più giovane degli scout è non a caso quella dei lupetti, i quali hanno l’abitudine di leggere insieme Il libro della giungla, come se si trattasse di un rito di iniziazione, o comunque di un modo per familiarizzare con le leggi della natura.
Va inoltre ricordato che, nel 1907, l’autore ottenne il Premio Nobel per la Letteratura, conferitogli soprattutto per aver affrontato nel corso degli anni argomenti cruciali per l’epoca, quali proprio il colonialismo e il tema dell’identità, destinati a lasciare un segno per oltre un secolo in lettrici e lettori di ogni età.
Rudyard Kipling si spense a Londra nel 1936, ed è stato solo nel 2010 che, presso la Wimpole Hall del National Trust, nella contea inglese del Cambridgeshire, è stata ritrovata una prima edizione de Il libro della giungla contenente un suo appunto autografo, attraverso il quale si è scoperto che il testo era dedicato a sua figlia Josephine, morta di polmonite nel 1899 a soli sei anni.
Fonte: www.illibraio.it