L’amicizia tra i bambini e quella tra gli adulti

di Redazione Il Libraio | 21.09.2016

L’amicizia

Quello davanti al parco giochi è il percorso più piacevole mentre torno a casa. All’improvviso un pianto disperato si leva tra giostre e altalene. Un uomo consola un bimbo piccolo. Stessi occhi, stessi capelli neri. Di certo è suo padre. Mi tranquillizzo un po’. La situazione sembra sotto controllo, eppure non riesco a tornare sui miei passi nonostante le buste della spesa, milioni di cose da fare, e un ritardo pauroso.
«Alberto, che succede? Sei caduto?»
Il piccolo dito corre a un gruppo di bimbi poco distanti. «Non mi vogliono! Hanno detto che non sono loro amico.»
Un altro bambino lascia l’angolo in cui giocava da solo e si avvicina.

«Io però ti voglio, vieni a giocare?»
Alberto lo guarda per un momento. Poi il suo faccino si apre con un sorriso, una manica corre rapidamente sugli occhi ad asciugare le lacrime.

«Sono bravo a scivolare!»
«Anche io!»

Un istante e i due corrono insieme tra risate e urla.
Riprendo la mia strada, i pensieri che si rincorrono. L’amicizia è come innamorarsi. Qualche volta veniamo respinti, altre volte ricambiati. Spesso però il rapporto è univoco, perché chi crediamo esserci amico in realtà ci ritiene solo un conoscente. O a volte siamo noi stessi a dare il nome sbagliato a quello che ci lega ad una persona. Per esempio un giorno mia nipote parlando di alcune bambine che conosce le ha definite “amiche di danza”.

«Perché solo di danza?» le ho chiesto.

Lei ci ha pensato su, poi si è stretta nelle spalle.
«Sono diverse da quelle di scuola. Con loro studio, faccio i compiti, cose così. E sono diverse anche da Giada e Vale.»
«In che senso?»
«Loro sono le amiche alle quali puoi dire tutto, e che se anche litighiamo poi facciamo la pace. A loro voglio bene.»
Il concetto all’improvviso mi fu subito chiaro. Il problema era nell’utilizzo scorretto della parola “amico”. Un conoscente, un collega, un compagno di scuola viene subito definito in quel modo. Perché farlo soddisfa il “bisogno” di avere qualcuno nella propria vita oltre ai familiari. Ma non solo. Lo si fa anche perché una persona che ha molti amici è socialmente più attraente di chi invece non ne ha. Proprio per questa ragione per averne tanti spesso non si va per il sottile e si fraintendono anche i segnali di una palese indifferenza. Si fa davvero di tutto pur di non affrontare il rifiuto che ha il sapore del fallimento e che fa soffrire. Questa superficialità di sentimenti sembra comunemente accettata ormai. Rispecchia un mondo di apparenze che si incrocia con il bisogno primario di essere amati. Mi chiedo se sia questo ad aver decretato il successo dei social network, dove basta cliccare un tasto per diventare amico di qualcuno.

Per me però l’amicizia è altro. E allora mi torna in mente Alberto e l’altro bimbo, le loro manine strette l’una all’altra mentre corrono via. Si somigliano quei due. Hanno molto in comune. Ho l’impressione che se riusciranno a scoprire le loro affinità diventeranno amici.
Di quelli veri, però.

L’AUTRICE – Cristina Caboni torna in libreria per Garzanti il 20 ottobre con Il giardino dei fiori segreti. La scrittrice vive a Cagliari e ha già pubblicato Il sentiero dei profumi e La custode del miele e delle api.

Fonte: www.illibraio.it