Le donne dell’Elettra di Sofocle hanno ancora qualcosa da insegnarci

di Eva Luna Mascolino | 03.10.2021

Erano gli anni intorno al 420-410 a.C. quando l’Elettra di Sofocle (Colono, 496 a.C. – Atene, 406 a.C.) veniva rappresentata per la prima volta a teatro. E ancora oggi, a oltre due millenni di distanza, il carattere vibrante e moderno delle sue protagoniste continua a comunicarci qualcosa di fondamentale.

La trama è presto detta: una giovane donna, Ifigenia, era stata sacrificata dal padre Agamennone in nome di una guerra fra uomini scatenata dal possesso di un’altra donna, ovvero Elena di Sparta. Sua madre, Clitennestra, aveva allora deciso con il proprio amante, Egisto, di assassinare il marito Agamennone e vendicare la figlia.

Con il suo gesto, però, si inimica un’altra sua figlia, Elettra che, disperata per la morte del padre uccide, sua madre Clitennestra insieme al fratello Oreste, nonostante le rimostranze della sorella Crisotemi.

Copertina della raccolta di tragedie di Sofocle Elettra, Trachinie e Filottete

Sbrogliare la matassa, se anche fosse possibile, risulterebbe quantomeno complesso – e non è un caso se specialmente nelle tragedie di Sofocle non esiste una via d’uscita unica, capace anche grazie alla presenza del coro di mettere tutti d’accordo. A rivelarsi cruciali, più che le risoluzioni, sono quindi le sfaccettature dell’odio, i diversi volti del sopruso e le azioni ambigue che compiono i personaggi un atto dopo l’altro.

Odeon di Erode Attico all'Acropoli, Atene, Grecia

Se ci pensiamo, infatti, Elettra vive in funzione della vendetta da consumare contro la madre e brucia di amore per il padre perduto, anche se la stessa devozione non riesce a riservare alla defunta sorella Ifigenia. Condanna i figli illegittimi di sua madre, eppure la uccide senza considerare il legame di sangue che condivide con lei; si sente schiava in casa propria, ma per affrancarsene applica una tribale legge del taglione.

Come se non bastasse, odia la madre perché ha ucciso un padre a sua volta omicida, disposto a sacrificare sua figlia pur di ingaggiare un conflitto armato; e la odia ancora di più perché ha optato per una vita sessuale libera da vincoli e convenzioni. Entrambi motivi per i quali Clitennestra a noi non appare poi così mostruosa, e che anzi la rendono ai nostri occhi un’audace anticonformista.

E quanto a Crisotemi, spesso dipinta come la voce morigerata e pudica di un’intera comunità, sembra in realtà l’ennesima succube di un sistema in cui alla donna spetta solo la muta accoglienza di una mentalità fondata sulla vergogna, e su un potere ottenuto (rigorosamente dagli uomini) o con la violenza o con l’inganno.

In sintesi, ciascuna di loro difende determinati valori morali e familiari, e però in loro nome ne ignora o ne tradisce altri altrettanto sacri. Se non fosse per l’ordine di vendicare il padre che riceve Oreste da Apollo, fra l’altro, gli dèi sarebbero qui totalmente assenti – elemento in genere poco comune nel teatro greco.

Ogni dettaglio narrativo acquista allora un senso in base alla prospettiva umana da cui si decide di osservarlo: chi è questa Elettra che dà il nome all’intero dramma, un’eroica protagonista o una sanguinaria antagonista? Clitennestra è una mater benevola o una mater terribilis, e nei confronti di quale delle sue figlie? Crisotemi è un’ammirevole vergine o una sciocca vittima del patriarcato?

E gli uomini? Fra Agamennone costretto dal suo esercito a immolare Ifigenia pur di andare a radere al suolo Troia per impadronirsi di una donna, Oreste che torna a Micene per vendicare suo padre solo quando glielo comanda un dio (e che non ci riuscirebbe senza l’aiuto di Elettra) e infine Egisto, che si riduce a un mero aiutante pratico della scaltra Clitennestra, non siamo certo davanti a dei modelli di comportamento esemplari (o da cosiddetti “maschi alpha”).

I personaggi di Sofocle, in altre parole, sembrano la grottesca caricatura di ciò che sarebbero potuti diventare, perché anziché trasformarsi in un gruppo di alleati restano un caotico mucchio di nemici domestici, che si negano a vicenda la felicità nel momento in cui non sanno lasciare respirare chi è diverso da loro.

Così, pur non riservandoci grandi sorprese d’intreccio, Elettra ci stupisce con la tridimensionalità delle sue figure, soprattutto femminili, e ci rivolge un monito quantomai attuale rifiutandosi di celebrare l’etica di chi soffoca il punto di vista altrui, e dimostrandoci che Bene e Male non sono i totem semplicistici di un qualche dibattito polarizzato.

Non v’è nemico peggiore del cattivo consiglio“, avverte non per niente Sofocle. E non c’è modo più efficace di ricordarsene, in un periodo storico delicato quanto il nostro, che osservare da vicino le sue protagoniste, per scoprirle ancora piene di contraddizioni, di vita e di affascinanti spunti di riflessione.

Fonte: www.illibraio.it