Sarà pure nel rimbombo fra le stanze e gli ascensori, o magari nelle hall che hanno orecchie quanto i muri, sta di fatto che in un albergo nulla tace nel silenzio: dall’intreccio di lenzuola che nasconde un omicidio all’impronta sulle scale che preannuncia un tradimento, ogni spazio dell’hotel sembra possedere una certa qualità narrativa che, se opportunamente stimolata, sa raccontarci storie (e rivelarci segreti) a dir poco bizzarre e/o misteriose.
Poco importa, dunque, se le voci di corridoio si trasformano in fantasmi o se in fondo al nostro specchio sia riflesso qualcun altro; al di là delle ragioni, di vacanza o di lavoro, che ci inducono al check-in, ciò che davvero ci colpisce in un hotel è quella personalità da romanzo d’epoca – o d’amore, o decadente – tipica dei luoghi con qualcosa da comunicare.
Non a caso, è proprio in una struttura ricettiva che molti autori hanno trovato l’ispirazione per la stesura delle loro opere più famose: dal lussuoso The Balmoral di Edimburgo – ove J.K. Rowling ha messo la parola fine all’ultimo capitolo della saga di Harry Potter – al leggendario Chelsea Hotel di New York – che all’interno dei suoi ambienti ha ospitato personalità del calibro di Mark Twain, Charles Bukowski e Jack Kerouac – la dimensione dell’accoglienza sembra non solo il posto ideale per predisporci alla creatività e all’ascolto di noi stessi, ma puranche un valido rifugio ove superare il blocco dello scrittore o dedicarci alla nostra attività preferita, la lettura.
A tal proposito, se ancora non avete scelto il libro perfetto da portare con voi nella prossima trasferta, eccoci con una una selezione di testi che vi sussurreranno all’orecchio le storie più incredibili, ma pur sempre dal comodino della vostra splendida cameretta (d’albergo, s’intende).
Grand Hotel Di Vicki Baum, ospite che va, storia che viene
Vera scenografia di ogni trama che lo riguardi, l’albergo sta ai suoi ospiti come il libro ai suoi capitoli; cosicché, per conoscerne la Storia, è necessario leggere le pagine di chi lo abita. In tal senso, è già nel 1929 che l’austriaca Vicki Baum si ispira al famoso Adlon di Berlino per raccontare l’improvvisa decadenza della Repubblica di Weimar negli anni antecedenti l’esplosione del secondo conflitto mondiale; ospite del suo Grand Hotel (Sellerio, traduzione di Mario Rubino), la variegata compagine sociale che dimora nell’albergo ben contestualizza tanto l’incapacità della classe medio-borghese di adattarsi ai fallimenti della Germania post-bellica, quanto la profonda emarginazione sociale che, al di fuori dell’albergo, già segnala i sintomi della prossima catastrofe nazista. Dal romanzo, anche il celeberrimo adattamento cinematografico con Greta Garbo nel ruolo di madame Grusinskaya, l’avvenente diva russa che fa perdere la testa allo spiantato barone Felix von Geigern.
Non mentirmi di Philippe Besson, a ogni stanza il suo segreto
Non appena varcata la soglia (girevole), la struttura dell’albergo rappresenta una vera e propria cassaforte per chi vi soggiorna; più sicura che in bunker sotterraneo, ogni abitudine dell’ospite verrà gestita con la stessa discrezione che si riserverebbe a informazioni di rango riservatissimo. Non stupisce, dunque, che nel suo memoir autobiografico Non mentirmi (Guanda, traduzione di Leila Beauté), lo scrittore francese Philippe Besson si trovi proprio nella hall di un hotel mentre parla a un giornalista del suo primo incontro con Thomas Andrieu, passione adolescenziale e sua intima liaison nella città natale di Barbezieux, quando l’omosessualità era più che un tabù. “Da piccolo, mia madre mi ripeteva sempre: Non mentirmi, smettila di raccontare bugie. Ero bravissimo a inventare storie, così bravo che lei non sapeva più distinguere il vero dal falso. (…) In questo libro, però, ho deciso di obbedire a mia madre: dire la verità”. Perché l’amore vero non conosce lucchetto, nemmeno quella di una camera d’albergo.
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Shining di Stephen King, racconti dell’orrore nella camera 217
Dei moltissimi avventori che frequentano l’albergo, i fantasmi sono senza dubbio i più difficili da accontentare: occupanti abusivi di ogni motel letterario che si rispetti, questi ospiti indesiderati si lamentano nottetempo salvo poi dileguarsi non appena si presenta il conto. Fra tutti, i meno collaborativi sono quelli che infestano la camera 217 dell’Overlook Hotel di Stephen King (Bompiani, traduzione di Adriana Dell’Orto); inquietanti gemelline e cadaveri nella sala da bagno, i personaggi di Shining sono passati alla storia non soltanto per aver fatto impazzire Jack (Nicholson) e terrorizzato la sua progenie, ma poi anche per aver dato un volto alla principale fobia di ogni cliente: quella dei corridoi. Con una nota editoriale in calce: dell’opera esiste anche una versione inedita con quaranta pagine “fantasma” mai pubblicate in Italia, che narrano le vicende della famiglia Torrance prima e dopo il loro soggiorno nell’hotel della paura.
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Hotel Magnifique di Emily J. Taylor, per qualsiasi necessità, chiedere alla reception
Disponibilità esaurita? Non sempre trovare un albergo è un’impresa facile (soprattutto d’estate), e allora tanto vale sia l’albergo a trovare noi! Famoso in tutto il mondo per la sua capacità di tele-trasportarsi in ogni parte dell’altrove, quando il magico Hotel Magnifique di Emily J. Taylor (traduzione di Sofia Castiglioni Reich, Mondadori) approderà nella cittadina portuale di Durc, le sorelline Jani e Zosa non esiteranno neanche un attimo nel candidarsi per il posto di lavoro; ma, una volta entrate a far parte dello staff, è davvero è tutta magia quella che luccica (candelabri scintillanti e scale semoventi comprese)? Con un’ambientazione fantasy che tanto ha a che spartire con l’hashtag from-enemies-to-lovers, questo young-adult – già fenomeno su TikTok – ci conduce nel lato oscuro del sortilegio, quello in cui nulla appare come sembra e fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio (tantomeno del perfido maître che tiene tutti sotto scacco). #Bookcrush del mese per il portiere Bel: lui sì che conosce tutti i segreti della struttura.
Mio suocero, il gin e il succo di mango di Deborah Moggach, ogni albergo una sorpresa
Prima di prenotare un albergo, è opportuno osservare due regole fondamentali: contattare il servizio clienti (per informarsi di eventuali sconti) e visionare le foto (ma sempre con la dovuta attenzione). Già, perché le delusioni – se non la pubblicità ingannevole – sono spesso dietro l’angolo, o almeno questo è ciò che accade al dottore indiano Ravi Kapoor, co-protagonista del romanzo di Deborah Moggach Mio suocero, il gin e il succo di mango (Garzanti, traduzione di Laura Noulian) il quale, esasperato dal lavoro e dalla pressione famigliare, decide di trasferire il suocero Norman presso il Dunroamin, un vecchio albergo di Bangalore di recente trasformato in lussuosa residenza per anziani. Peccato che, una volta arrivati in India, quella che doveva essere una struttura a cinque stelle superior si rivela in realtà un edificio fatiscente, ben diverso da come appariva nella gallery di immagini. Ma non tutto il fake vien per nuocere: popolato da personaggi incredibili (un gruppo di novantenni inglesi pronti a tutto tranne che alla vecchiaia), il Dunroamin rappresenterà per lo scorbutico Norman una vera e propria occasione di rinascita (e di risate, e di amicizia e di amore). Insomma, molto più di quanto una valutazione positiva su Tripadvisor potesse lasciar trapelare.
Modernità liquida di Zygmunt Bauman, nel non-luogo delle catene alberghiere
Non nascondiamoci però dietro il fascino del petit-hotel; oggigiorno quando parliamo di albergo ci riferiamo quasi sempre agli edifici di una catena alberghiera, elementi tutti uguali che trasmettono omologazione culturale ma anche solitudine e iper-globalizzazione. A tal proposito, nessuno ha saputo definire il concetto meglio del sociologo polacco Zygmunt Bauman, il quale nel suo Modernità liquida del 1999 (traduzione di Sergio Minucci, Laterza) ci descrive i non luoghi come spazi privi “delle espressioni storiche di identità, relazioni e storia: esempi di tali ‘non luoghi’ sono gli aeroporti, le autostrade, le anonime stanze d’albergo, i mezzi pubblici di trasporto (…). Mai prima d’oggi nella storia del mondo i non luoghi hanno occupato tanto spazio”. Perché anche l’albergo di famiglia è un patrimonio da salvaguardare, così come la libreria di zona.
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Hotel 21 di Senta Rich, questo albergo è un po’ una casa
Ma è già arrivato il momento del check-out, e allora non ci rimane che salutare tutto il personale in servizio: portieri, facchini, baristi e governanti, sono questi i personaggi che più ci mancheranno dell’hotel, un po’ per il sapore retrò delle loro divise, un po’ per i tanti libri che ce li hanno romanzati nei loro turni h24. Fra tutti, la cameriera Noelle dell’Hotel 21 di Senta Rich (Garzanti, traduzione di Silvia Cavenaghi) ci è davvero rimasta nel cuore: all’interno del suo baule di oggetti preziosi – pinzette, bottoni, un rossetto – Noelle ha rubato le vite normali dei suoi ospiti, pezzetti di un destino felice che a lei non è toccato in sorte. Ma che cosa accadrà quando le colleghe del nuovo albergo – il ventunesimo, per l’appunto – inizieranno a sospettare del suo innocuo passatempo? Con un finale strappalacrime che trasmette complicità femminile sopra ogni cosa, se questa casa non è un albergo Hotel 21 è un po’ una casa, un po’ un albergo e un po’ una famiglia, almeno per Noelle e per il suo, meraviglioso, staff delle pulizie.
Fonte: www.illibraio.it