Quando i fiori parlano al cuore

di Redazione Il Libraio | 31.05.2011

Nel suo romanzo d’esordio, Il linguaggio segreto dei fiori, Vanessa Diffenbaugh racconta la storia di Victoria, una ragazza fragile dal passato traumatico. Victoria ha paura del contatto fisico. Ha paura delle parole, le sue e quelle degli altri. Soprattutto, ha paura di amare e lasciarsi amare. C’è soltanto un posto in cui tutte le sue paure sfumano nel silenzio e nella pace: è il suo giardino segreto nel parco pubblico di Potrero Hill, a San Francisco. I fiori, che ha piantato lei stessa in questo angolo sconosciuto della città, sono la sua casa. Il suo rifugio. La sua voce. È attraverso il loro linguaggio che Victoria comunica le sue emozioni più profonde. La lavanda per la diffidenza, il cardo per la misantropia, la rosa bianca per la solitudine. Perché Victoria non ha avuto una vita facile. Abbandonata in culla, ha trascorso l’infanzia saltando da una famiglia adottiva a un’altra. Fino all’incontro, drammatico e sconvolgente, con Elizabeth, l’unica vera madre che abbia mai avuto, la donna che le ha insegnato il linguaggio segreto dei fiori. E adesso, è proprio grazie a questo magico dono che Victoria ha preso in mano la sua vita: ha diciotto anni ormai, e lavora come fioraia. I suoi fiori sono tra i più richiesti della città, regalano la felicità e curano l’anima. Ma Victoria non ha ancora trovato il fiore in grado di rimarginare la sua ferita. Abbiamo rivolto alcune domande all’autrice.

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D. La sua esperienza di madre adottiva è stata utile per scrivere Il linguaggio segreto dei fiori?

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R. Assolutamente si. Aver accolto nella mia casa bambini in cerca di una famiglia ha avuto un’importanza fondamentale. Ho vissuto momenti fantastici. Attimi di pura gioia. Non sarei mai stata in grado di descrivere quegli stati d’animo se non li avessi sperimentati in prima persona.

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D. Il personaggio di Victoria è ispirato a persone reali? Magari a qualche bambino che ha aiutato?

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R. Le persone mi chiedono spesso se la figura di Vittoria sia ispirata a Tre’von, il figlio che abbiamo in affidamento. In realtà lui e Victoria non potrebbero essere più diversi l’uno dall’altro. La forza di Tre’von è la sua espansività, ha il sorriso facile, un grande cuore e una grazia naturale nello stare in mezzo alle persone. Riesce a mettere tutti a proprio agio. Anche se il personaggio di Victoria è interamente frutto della mia fantasia, ho preso spunto da alcuni ragazzi che abbiamo avuto in affidamento nel corso degli anni. In particolare da una ragazza che si è fermata con me e mio marito anni fa. Era focosa, diffidente e imprevedibile, un po’ come Victoria. La sua era una storia molto complicata. Sul certificato di nascita, nello spazio in cui si sarebbe dovuto indicare il nome, c’era un numero. Aveva cambiato più famiglie affidatarie di quante ne potesse contare.

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D. Ci può raccontare qualcosa di più sulla sua decisione di prendersi cura di bambini senza famiglia?

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R. Sia io che mio marito siamo molto attenti e attivi per quello che riguarda i problemi dell’educazione e dell’uguaglianza sociale. All’inizio della mia carriera ho lavorato con i giovani senza tetto e quando mi sono sposata, in accordo con mio marito, abbiamo deciso di non essere una di quelle coppie che si lamentano su quanto sia ingiusto il mondo. Volevamo fare qualcosa di concreto. Da qui la decisione di diventare genitori adottivi.

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D. Ha un particolare metodo di scrittura? Qualche rituale?

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R. Sono molto disciplinata quando scrivo. Cerco di dedicare quanto più tempo posso alla scrittura e non permetto mai che qualcosa si frapponga tra me e il programma prestabilito. Non importa quanto sia sporca la casa. Quando mi impongo di scrivere, le pulizie passano in secondo piano. Mi dico sempre: “al termine della tua vita, vuoi poter dire che hai sempre vissuto in una casa perfettamente pulita o che hai scritto un libro?”.

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D. Come e perché ha deciso di imparare il linguaggio dei fiori?

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R. Ho sempre amato i fiori e la loro simbologia. Quando avevo sedici anni, ho scoperto, in un negozio di libri usati, il volume di Kate Greenaway, “Language of flowers”. Non potevo credere che quel libro fosse pressoché sconosciuto. Come si poteva ignorare una cosa talmente bella e romantica? Quando ho cominciato a pensare al libro che avrei voluto scrivere, Victoria e il linguaggio dei fiori sono arrivati quasi nello stesso momento. Sono stata subito conquistata dall’idea di una giovane donna con difficoltà nel relazionarsi con il mondo, ma in grado comunque di comunicare attraverso un linguaggio, che la maggior parte delle persone ha dimenticato. Così è nato Il linguaggio segreto dei fiori.

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Fonte: www.illibraio.it