Radici letterarie a desinenza femminile: grandi scrittrici che hanno fatto la differenza

di Valeria Usala | 16.04.2021

Nel venire al mondo non siamo che piccoli germogli, e le parole sono la dose giornaliera di acqua in grado di tenerci in vita. Contengono spesso qualcosa di familiare – o profondamente nuovo – in grado di dare forma alla nostra identità, di favorire la nostra fioritura personale. Le parole scritte, e più precisamente i libri, sono il fertilizzante naturale che ci preserva intatti: migliorano la salute e irrobustiscono la struttura finché non arriva il momento di sbocciare. Solo allora capiamo come usare le nostre, di parole, per esercitare l’unicità che ci appartiene.

https://www.youtube.com/watch?v=UKiCVDTA0_4&list=PLblZKZPVoqmj_IUPD1WTW5iplxn3qXO70&index=4

Ma si sa, una pianta non è nulla senza radici. Ed è quella connessione sotterranea a renderle tanto più profonde quanto più grande è il nostro desiderio di crescere. Le mie radici letterarie hanno desinenza femminile: non tanto perché l’essere donna me le ha rese più affini, ma perché in tutte loro ritrovo la necessità inclemente di dire le cose come stanno, di prendere posizione. Sono scrittrici che non ho mai conosciuto ma con le quali, nella mia testa, ho dialogato a lungo; così, senza che me ne rendessi davvero conto, sono finite tra le pagine de La rinnegata.

L’APPUNTAMENTO CON “LIBIVE” SULLA PAGINA FACEBOOK DE ILLIBRAIO.ITMercoledì 28 aprile alle 18 Valeria Usala presenta La rinnegata con Nadia Terranova

Louisa May Alcott

“Quando si ha uno scopo, dice mia madre, basta proporsi di raggiungerlo. Non c’è niente che riesca a vincere la pigrizia come l’ambizione”.

Piccole donne per me ha significato l’inizio di tante cose; prima tra tutte, l’importanza di avere un sogno. Proprio come La rinnegata, questa storia che parla di una famiglia di donne si è tramandata nella mia, di famiglia, grazie alle donne. Perché in fondo, i cuori delle quattro protagoniste e della loro madre sono parti di una sola anima complessa: quella femminile. La Alcott mi ha insegnato che dentro le pagine di un romanzo si può nascondere un manifesto letterario, una vera bomba a orologeria, e che alcune idee sono in grado di attraversare innumerevoli confini, culture e generazioni. In più, ho incontrato questa storia sull’importanza delle passioni attraverso la mia più grande passione, il cinema – e già questo basta a renderla profetica.

Elizabeth Strout

“È la storia di una madre che ama sua figlia. In modo imperfetto. Perché amiamo tutti in modo imperfetto”.

Leggere Mi chiamo Lucy Barton è stato come trovare un quadrifoglio, un’anomalia genetica in mezzo a un campo di fiori tutti uguali. All’apparenza sembra un romanzo leggero, ma racconta di un rapporto madre e figlia così complesso che le parole ne aumentano la densità, fino a trasformarlo in un macigno. Strout riesce a fare con la scrittura una cosa che per me somiglia molto all’impresa eroica: mostrare, in un mare di angoscia, piccoli barlumi di grazia. Il suo stile è tagliente e doloroso, ma mai insensibile; è capace di riabilitare la vergogna, illuminare i fallimenti e accogliere le differenze. Mi ha insegnato a non mostrare mai quello che vorremmo essere, ma solo chi siamo nonostante tutto.

Grazia Deledda

“E come i bambini ed i vecchi si mise a piangere senza sapere il perché – di dolore ch’era gioia, di gioia ch’era dolore”.

Parlare di casa è sempre difficile. Ma farlo mettendoci dentro un popolo e un’isola intera è quasi impossibile. In Canne al vento, e in tutti i romanzi di Grazia Deledda, c’è la dolce condanna di appartenere a un luogo in maniera così viscerale da volerlo lasciare. Mi ha insegnato le architetture dei luoghi, la precisione dei colori, l’intensità dei profumi e la grandiosa miseria dei cuori. La Sardegna è sempre stata un insieme di elementi discordanti, e solo la sua mano esperta di donna li ha ricomposti con cura, per tirarne fuori un’unità.

Alice Munro

“Autobiografico nel sentire sebbene non, talvolta, interamente nei fatti”.

Uscirne vivi – in lingua originale Dear life – è un insieme di racconti, un concentrato dell’esistenza. È anche l’ultimo libro di una donna che ha fatto della versione breve delle cose un inno alla scrittura. Munro usa la sua come una lente d’ingrandimento, che dilata il mondo per vederlo meglio e poi lo velocizza in poche righe, per stordirti con un inaspettato colpo di coda. La sua scrittura è ombrosa e splendente insieme, e mi ha insegnato ad essere fedele senza tentennamenti alla verità del cuore, che non sempre coincide con quella degli occhi.

Scrivere il mio, di libro, è stato come guardare l’alba.

Punti la sveglia presto, dormi poco, ti alzi controvoglia e il sonno ti dà la nausea; ma il privilegio di assistere, un po’ prima degli altri, all’inizio di un nuovo giorno rende la fatica meno scomoda. Vedere il sole sorgere è questione di attimi: se ti distrai rischi di perderlo, se hai troppe aspettative rischia di deluderti. Ma è la luce che si si sprigiona in cielo, subito dopo, a ricordarti che è avvenuto un miracolo.

valeria usala la rinnegatavaleria usala la rinnegata

L’AUTRICE – Valeria Usala ha 28 anni. È nata e vive a Cagliari. Dopo una laurea in Lingue e Comunicazione e un diploma in Storytelling, collabora con una rivista di cinema. La rinnegata (Garzanti) è il suo romanzo d’esordio.

Senza un uomo accanto, una donna non è nulla. Teresa ha sempre sentito l’eco di questa frase, come il vento durante la tempesta, ma non ci ha mai creduto. Lei che è quiete e fuoco, rabbia e tenerezza, lotta contro questo pregiudizio da quando è nata. Da quando, rimasta orfana, non ha mai avuto nessuno a proteggerla dalla sua intelligenza, oltre che dalla sua bellezza. Un intero paese la rinnega, impaurito davanti alla sua indipendenza, alle sue parole e ai suoi gesti. Perché in fondo, sono tutto ciò che la rende diversa dalle altre donne. Nemmeno l’aver creato una famiglia con un uomo che ama ha messo a tacere le malelingue e i pettegolezzi. Nessuno crede che la sua fortuna, derivante da un emporio e una taverna che ha costruito e gestisce da sola, sia frutto di fatica e tenacia. Ma le voci sono sempre rimaste solo voci, anche quando a rispondere a tono è una bruja come Maria, che vaga per le strade senza una meta precisa. Poi tutto cambia, e Teresa si ritrova costretta a difendere ciò che ha conquistato per dimostrare che può farcela da sola. Che non rinunciare a se stessa significa essere libera. Vuole dare a quel vento, pieno di parole feroci, un afflato nuovo; ma il pregiudizio è forte e saldo, come una radice ancorata alla terra.

Quella narrata da Usala è una storia di coraggio e rinuncia, un romanzo in cui la Sardegna è protagonista con la sua natura, le sue leggende e le sue contraddizioni.

Fonte: www.illibraio.it