Mary G. Baccaglini, blogger e speaker radiofonica, dice di sé che è una sognatrice, un’eterna disordinata e una romantica a giorni alterni. Odia gli acari e chi non richiama dopo un primo appuntamento. Con i grassi saturi invece, ha imparato a convivere. Si è fatta conoscere con la pagina Facebook Confessioni di una mente cinica (legata al sito Confessionidiunamente.com), in cui, isterica e romantica, dispensa consigli d’amore e di ottimismo con (auto)ironia, perché nelle faccende di cuore l’autoironia salverà l’umanità.
Ora arriva il suo debutto narrativo: Mal che vada ci innamoriamo (Garzanti). L’autrice racconta una storia sui sentimenti quando sono troppo grandi da gestire. Una storia sulla solidarietà femminile che porta le lettrici e i lettori dentro l’affascinante mondo delle relazioni.
Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto:
Negli anni mi sono divertita. Tanto.
Certo, metà dei miei amici ha un lavoro perfetto che inizia sempre con executive, social o senior e finisce con manager, si sta sposando, ha un mutuo e di conseguenza una casa di quasi-proprietà.
Qualcuno sta mettendo in cantiere il secondo figlio.
L’altra metà, che comprende me, Olimpia e Ludovica, vive una realtà piuttosto adolescenziale, fatta di aperitivi, partner occasionali, feste e letti che si vedono solo all’alba.
Non siamo immature, semplicemente stiamo rimandando la maturità. E lo facciamo divertendoci il più possibile. Rincorrendo il nostro strampalato concetto di felicità.
Siamo felici, perché l’alternativa sarebbe la disfatta.
Potremmo svegliarci ogni giorno pensando che non stiamo costruendo niente, che le nostre carriere sono più o meno incerte, che non abbiamo un uomo accanto che ci accarezzi i capelli ogni mattina.
Che viviamo vicino alla soglia della povertà in una città che ci vuole ricche, belle, magre e vestite bene.
Possiamo vederla così, certo. E forse avremmo anche ragione.
Oppure possiamo concentrarci su noi stesse, su quello che ci piace. Guardiamo i nostri amici con i figli e pensiamo che ci arriveremo anche noi; ma non oggi e neanche nell’immediato domani.
E io fino a poco fa avevo anche il lavoro dei miei sogni, tenevo la rubrica Storie possibili su una rivista. Anche se mia madre non è mai riuscita a capire di cosa si trattasse.
«Scusa, cosa sono le storie possibili?»
«Mamma te l’ho detto decine di volte.»
«Dai, sai che quando mi faccio la ceretta poi non ragiono più. Il male mi ottenebra la mente.»
«È una ceretta, come hai fatto a partorire?»
«Quello è un dolore che si dimentica. Allora, queste storie possibili?»
«Io scrivo una storia d’amore e lascio il finale aperto. Tipo: Ehi ragazza, incontri Caio per strada e lui ti dice: A. Questa è la tua notte fortunata. Vai a pagina 29. B. Non ho mai visto un sorriso come il tuo. Vai a pagina 33. C. Sono in compagnia di una super top model, esci dalla mia visuale, mostro! Vai a pagina 46. A quel punto, a seconda della risposta, si aprono nuovi scenari e nuovi ipotetici dialoghi e alla fine la lettrice saprà se ha fatto la mossa giusta con il potenziale uomo della sua vita.»
«Che cazzata.»
«Scusa?»
«Ma dai, nessun uomo sano di mente direbbe le frasi delle Storie possibili. Puoi fare di meglio. Puoi diventare una grande scrittrice, girare il mondo, intervistare persone importanti come il Dalai Lama, vincere un Pulitzer e comprarmi una casa.»
Mia madre, cui il dolore della ceretta ottenebra la mente, pensa che l’ultimo anno della mia vita sia stato una perdita di tempo. Che il mio progetto, di cui Mike si era detto completamente entusiasta, sia stato una perdita di tempo. E pensa pure che Michele di Gallarate che si fa chiamare Mike abbia fatto bene a licenziarmi e a chiudere le Storie possibili perché sono una perdita di tempo. E una cazzata.
(continua in libreria…)
Fonte: www.illibraio.it