L’isola norvegese di Noss appare poco più che uno scoglio deserto agli occhi del giovane Matias Holm. Trecento abitanti, “un posto adatto alla solitudine” sua e di sua madre, che lì lo porta a vivere dopo la morte improvvisa del padre in mare. Matias ci passerà tutta la vita.
Solo, a sessantadue anni, racconta la sua storia sull’isola, a partire dall’incontro con Jonas, poco più grande di lui, che gli insegna a nuotare, facendolo sentire meno straniero tra i ragazzini del posto. Con lui Matias inizia a navigare sulla Marlin, la vecchia barca a vela del padre. Tutta di legno, pesante ma slanciata, dai lineamenti antichi, è una presenza costante e un’eredità da curare. È Jonas a spronarlo, a spingerlo in acqua, guidandolo a fidarsi del vento, lui che vive il mare come qualcosa di sconosciuto, che lo ha privato del padre, ma che lo circonda di delicatezza e splendore.
Quando i genitori muoiono in un incidente, Jonas si ritrova con una casa immensa, improvvisamente vuota. Diventerà la Vinde Hus, la “Casa del Vento”, una scuola di vela, senza orari e termini, aperta a chiunque, “una sorta di parentesi della vita”. Matias, che non aveva mai pensato che navigare potesse essere uno svago, costruisce con l’amico un progetto che segna una svolta.
“Così questa mi sembrava l’occasione per imparare io stesso, sulla mia pelle, quanto il mare potesse essere crudele, ma quanto fosse anche bello viverci sopra. Sentivo di averlo nel sangue, forse era questa la vera eredità che mio padre mi aveva lasciato”.
L’ultimo marinaio di Andrea Ricolfi (Garzanti) parla dei mille panorami visti da chi non si è mai mosso dall’isola di Noss, ma ha incrociato tanti volti, amici, studenti e maestri, uomini e donne che hanno condiviso un pezzo della loro vita, felici di immagazzinare l’oceano negli occhi e sulla pelle. Ci sono incontri che segnano un’esistenza, persone che entrano di soppiatto e toccano l’animo per sempre, una di queste è Tomas Henkel.
“A un certo punto, su questo oceano e per le piccole strade di Noss, è passato un uomo singolare, che ha portato un po’ di limpidezza nella mia vita. Tomas Henkel, questo era il suo nome, mi ha insegnato a scorgere la nobiltà̀ nei sotterranei sentieri delle anime in cui talvolta si nasconde, a intuire la profondità̀ delle cose dalla loro ombra”.
Tomas arriva alla Casa del Vento con aria pacata e grandi silenzi. I suoi occhi si riempiono di lampi quando parla del mare, e comunicano un’inquietudine che nasconde storie e cicatrici. È un uomo misterioso, che attrae con la purezza delle sue parole e trasmette una profondità differente: quando gli altri maestri parlano di coraggio e sfida, lui parla di paura e di rispetto. E incanta tutti.
Sa ascoltare il cuore del mondo, Tomas, e le giornate con lui, in barca o alle pendici di un vulcano, sono lezioni di leggerezza, di conoscenza degli istinti umani, di autenticità e di giustizia.
“Siete qua per morire oggi e rinascere indipendenti, per formarvi la vostra visione. Il mare vi parlerà a voce sempre più̀ chiara a mano a mano che imparerete ad ascoltarlo e diventerà il vostro riflesso non appena vi abbandonerete a lui”.
Portati dal vento, provati dai pericoli dell’oceano e uniti in un comune spirito di altruismo, i ragazzi che mettono il loro corpo nelle mani di Matias, di Tomas e dei maestri della scuola di vela, si concedono uno spazio di tempo che è come un rifugio, sentono il potere della natura, dell’uomo forte solo se umile, imparano il valore dell’istinto e tornano alle loro vite più forti e solidi.
Andrea Ricolfi, che è appassionato di barche e conosce bene il freddo mare norvegese, sa che navigare insegna questa consapevolezza, con la sua brutalità e la sua bellezza: è uno spirito primordiale dimenticato che riemerge quando si affronta l’acqua e che aiuta a vivere meglio, a continuare a sentire la brezza nella vita di tutti i giorni.
L’ultimo marinaio è una storia di amore per una terra buia, fredda e malinconica ma capace di magie meravigliose, e al contempo è una storia di amicizia di anime, che si incontrano per scambiarsi ricordi, qualche confessione e un bicchiere di gin e lasciarsi ognuno alla propria vita, con le sue virate e le sue tempeste. Con la semplicità di chi riconosce i propri limiti ma anche il valore di una vita vissuta con dolcezza e verità.
Fonte: www.illibraio.it