È la storia, forse per la prima volta raccontata dall’interno, di un’analisi: quindi il rapporto tra psichiatra e paziente, le tappe della lunga «via crucis» con i suoi rituali (i lunghi silenzi, gli sfoghi concitati, le dolorose rivelazioni, i trucchi punitivi e autopunitivi), i sogni e gli incubi ricorrenti, le malattie psicosomatiche, i traumi privati, i turbamenti sessuali. La narrazione si snoda lungo la linea di un masochismo allegro e dolente, che spinge l’autore a raccontare le miserie del corpo e dei suoi organi ribelli, le sue tragicomiche odissee negli ospedali e negli studi dei medici. Ma i mali che punteggiano la vita del protagonista sono conseguenti a una crisi generale, alla dissoluzione della famiglia, alla scomparsa delle chiese-madri e dei partiti-padri, e alla sconfitta del maschio: l’indagine delle sue sofferenze mentali e corporee diventano così il ritratto di un mondo in trasformazione. La malattia chiamata uomo è una «confessione totale», che si offre come un’opera di stimolante suggestione e di forte originalità.
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