C’è chi afferma che la colpa di tutto sia da attribuire a uno che ha mangiato un pipistrello, e buon appetito! Gli ribatte un altro affermando che il virus in oggetto è scappato da qualche misterioso laboratorio sotterraneo, sfuggito facilmente stante le sue infinitesimali proporzioni, a chi se lo stava coccolando. S’alza però un altro parere poiché, se è vero che a introdurlo in Italia è stato un tedesco è probabile che sia una vendetta visto che ai mondiali li abbiamo quasi sempre battuti.
Comunque sia arrivato, si inserisce una nuova voce con intenti di mediazione, conviene stare all’occhio, e fa il gesto di portarsi il dito a quello destro. No, alt, fermo!, si leva un grido. Toccarsi gli occhi è una tra le cose da non fare. Giusto! Quello si blocca e poi rimedia con altro gesto apotropaico che provoca qualche risata. Mano alla bocca gente se ridete! Meglio nella piega del gomito, chiosa qualcuno. E via di questo passo.
Nella piazza del paesello si sta bene, l’aria è serena, il cielo azzurro, il lago calmo. Ciò non significa però che si stia tranquilli visto che anche da queste parti LUI ha da poco fatto la sua comparsa. Virale, il Corona, familiarmente detto, compare anche nei commiati. “Salutami il Corona se lo vedi”. Un poco di ironia non ci sta male, alleggerisce il carico di questi giorni. Scherzando, pur a debita distanza, ci si dà forza uno con l’altro e si ricaricano le pile della vigilanza.
Ormai sappiamo tutti cosa fare, come comportarci, dove possiamo andare e dove sarebbe meglio no. Scoccata l’ora del ritiro (s’intenda non un coprifuoco ma più semplicemente l’ora di sedere a tavola per il pranzo), il circoletto si scioglie, la piazza rimane vuota. Ma, quasi a memento delle regole da seguire, lui non si muove. Per forza, si dirà, è un monumento!
Lo ammetto, ma guardatelo per bene. Rispetta la distanza di sicurezza stante l’altezza del basamento, tiene le mani una nell’altra, ben strette, segno che non ha alcuna intenzione di allungarle ad alcuno. E il capo è chino, postura di colui che si è dotato di santa pazienza, non programma spostamenti, osserva regole eccezionali e attende che la bufera passi. Insomma pare che anche lui abbia compreso la situazione e si sia adeguato.
D’altronde è Tommaso Grossi, intimo del Manzoni, che di certi momenti critici ha raccontato i pericoli. Quelli veri, ma anche quelli infondati dovuti a malsane fantasie.
L’AUTORE E I LIBRI – Andrea Vitali è nato e cresciuto a Bellano, paese affacciato sul lago di Como. Medico di professione, ha vinto numerosi premi per la sua attività di scrittore. Tra questi troviamo il premio Bancarella, vinto nel 2006 con La figlia del podestà, e il premio Campiello sezione giuria dei letterati nel 2009 vinto con Almeno il cappello, libro con il quale è arrivato anche finalista al premio Strega.
Scrittore prolifico, ha iniziato la sua attività letteraria nel 1990 con Il procuratore, un romanzo breve ispirato ai racconti di suo padre, e da quel momento non ha più smesso di scrivere, tanto da arrivare a più di sessanta pubblicazioni.
Il suo ultimo romanzo, Un uomo in mutande, racconta una nuova avventura ambientata a Bellano del maresciallo Ernesto Maccadò, messo alla prova dallo strano caso di un uomo in mutande, visto correre in piena notte tra le vie della città. Un caso non caso, forse una trappola dalla quale il maresciallo dovrà fuggire.
Fonte: www.illibraio.it