Se Danubio abbracciava una vastissima area geografica e storica, in Microcosmi Claudio Magris ci guida alla scoperta di luoghi circoscritti, via via più piccoli. Dalla descrizione del paesaggio – anche nei dettagli più sfuggenti – al racconto delle esistenze minime o grandi, dei destini, delle passioni, delle comiche o tragiche vicende che lo hanno segnato, sgorga una narrazione randagia e fluttuante che segue un suo percorso nascosto, come la corrente di un fiume. Ciascuno di quei mondi così diversi – che tuttavia si rispecchiano e si integrano nella parabola di un’esistenza – vive nella compresenza di presente e di passato, epifania dell’attimo e memoria, ore fuggitive o secoli lontani.
All’inizio si può credere di star leggendo descrizioni di paesaggi ma ci si accorge, a un certo punto, che si sta leggendo la storia della vita e della morte di un uomo. La narrazione fluttuante – in cui personaggi ed eventi si disperdono, si frammentano, si ricompongono, riaffiorano – nasce dal senso profondo di una radicale trasformazione del mondo e probabilmente dell’uomo. La virtualità sostituisce la realtà, in un processo che cambia i sentimenti e le percezioni dell’individuo e quasi la sua natura. Microcosmi, col suo modo di narrare, è un viaggio in questa mutazione epocale e insieme un tentativo di resisterle, di difendere le cose così risucchiate nell’astrazione come si cerca di salvare da un naufragio le cose amate.