Tutte queste criticità sono però accomunate da un grave limite, che porta alla degenerazione dell'intero sistema: l'Italia non ha saputo darsi le regole giuste. In genere da noi leggi, norme e regolamenti sono troppo numerosi e troppo complicati, tanto che diventa molto difficile rispettarli. Così chi non li rispetta viene spesso condonato o amnistiato, mentre cittadini e imprese si adattano all'elusione di massa.
Per rimediare, vengono emanate nuove regole, sempre più severe, e la situazione peggiora.
È quello che Roger Abravanel e Luca D'Agnese hanno definito "il circolo vizioso delle regole", che rende impossibile qualunque serio progetto di riforma. Senza regole, o con regole sbagliate, l'economia non si sviluppa, perché le imprese "piccole, brutte, anzi bruttissime" fanno concorrenza sleale a quelle innovative.
Senza regole, o con regole sbagliate, governare una società sempre più complessa, dove i servizi hanno un peso crescente rispetto ai prodotti, è impossibile. È troppo facile scaricare la responsabilità del declino italiano sui politici e sulla classe dirigente. Regole dimostra che dobbiamo innescare un circolo virtuoso delle regole in tutta la società: un processo che coinvolga i cittadini, che devono essere informati e partecipare alla definizione e al miglioramento delle regole grazie a una scuola che non deve solo trasmettere nozioni, ma formare le "competenze della vita" necessarie per interagire efficacemente con gli altri; una giustizia civile veloce; un sistema dell'informazione indipendente dalla politica e dagli affari.