«Quel che conosciamo di Francesco», ci ricorda Alberto Maggi nella sua prefazione, «è in parte una fabula, dove gli indiscutibili elementi storici si intrecciano con il mito, i fatti con la leggenda, gli eventi con la devozione.» Di certo, il Cantico, composto nel 1225-26, è il testo più noto dell’«uomo delle beatitudini», il suo testamento spirituale. È una suggestiva celebrazione del creatore attraverso la lode delle sue creature: il sole, la luna, le stelle, il vento, l’acqua, il fuoco, la terra. Nel creato Francesco contempla la sapienza, la potenza e la bontà di Dio, perché ogni essere vivente, ogni elemento ne porta la traccia. Dopo ottocento anni, questo inno alla bellezza del mondo e all’ordine divino che in esso si manifesta ci trasmette intatto il sentimento di una fraterna e gioiosa comunione con le altre creature, e ci esorta a considerare la natura non come un possesso esclusivo, ma come un dono prezioso da custodire e condividere.
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