Ma fino ad allora le rive del Mediterraneo avevano ospitato una metropoli dove s’incrociavano minareti e cipressi, sinagoghe e monasteri, capitelli romani e chiese bizantine... Sotto il dominio ottomano, fu colpita da epidemie e carestie, ma nell’affollato bazar i facchini e i lustrascarpe parlavano almeno una mezza dozzina di lingue.
Era un mondo in cui le religioni convivevano e si scontravano. Pope, imam e rabbini gareggiavano in pietà e misticismo. Tra le botteghe e i fondachi, trafficavano mercanti egiziani e schiavi ucraini, rabbini fuggiti dalla Spagna e pasha turchi, pellegrini ortodossi diretti al vicino Monte Athos, briganti albanesi e dervisci sufi.
Mark Mazower è riuscito a ridare vita a un mondo ormai svanito per sempre. Ci guida nei bordelli e nelle taverne, nei bagni turchi, nei palazzi e nei giardini della città ottomana. Ci racconta del suo declino, man mano che diminuiva la potenza turca e s’infiammavano i nazionalismi: i musulmani diventarono turchi, gli ortodossi greci. Proprio a Salonicco, dove era nato Kemal Atatürk, sarebbe stato fondato il movimento politico destinato a rifondare un’intera nazione: i Giovani Turchi.
Nel Novecento la città sarebbe stata anche teatro di massacri e deportazioni: cacciati prima i turchi (nel 1912, sostituiti dai profughi greci dell’Anatolia) e poi gli ebrei (che prima della guerra erano circa un quinto dei suoi abitanti), è emersa negli ultimi decenni una metropoli moderna, che gli amministratori e gli urbanisti hanno proiettato verso l’Europa – mentre dall’Est è arrivata una nuova ondata di immigrati. Con straordinaria sensibilità, in una prosa scorrevole ed evocativa, Mark Mazower narra la biografia di una città straordinaria, ne racconta la vita quotidiana e ne coglie l’anima. Soprattutto, ci dice che quel luogo abitato dai fantasmi della memoria ha qualcosa da insegnare a tutti noi. Soprattutto oggi, quando l’equilibrio che permetteva alle diverse fedi di convivere in simbiosi, sembra infranto per sempre.