Oggi parliamo fin troppo di insegnamento, educazione e formazione, ma molto poco di «maestri». Certo, la figura del maestro è avvolta da un’aura retorica che può intimidi- re, e porta con sé l’asimmetria del rapporto con il discepolo e quella tensione erotica che li lega. Attraverso una serie di figure esemplari – Virgilio e Dante, Abelardo ed Eloisa, Thyco Brahe e Giovanni Keplero, il Baal Shem Tov, Edmund Husserl, Martin Heidegger e Hannah Arendt, ma anche i saggi confuciani e buddhisti – George Steiner individua tre modalità fondamentali di questa relazione. Racconta di insegnanti che hanno distrutto i loro studenti sia fisicamente sia psicologicamente. Racconta di apprendisti che hanno tradito e rovesciato i maestri. E racconta di rapporti di scambio e di reciproca fiducia, dove l’eros può giocare un ruolo determinante. Risale fino ai due maestri che, pur non avendo lasciato una sola riga scritta, hanno fondato la tradizione occidentale: Socrate e Gesù. Con la loro capacità di originare miti e preferendo la verità alla loro stessa vita, hanno generato l’alfabeto intimo, il codice di gran parte del nostro idioma morale, filosofico e teologico. Perché l’insegnamento e l’istruzione non implicano solo trasmissione di nozioni e tecniche, ma coinvolgono tutti questi aspetti a partire dall’incontro tra due esseri umani.
La lezione dei maestri illumina la relazione elusiva e complessa, affascinante e inquietante tra docente e studente che si pone al centro della trasmissione del sapere. Appassionato e persuasivo, il saggio di George Steiner è un omaggio alla vocazione dell’insegnante: sebbene pienamente consapevole di tutti i rischi che corrono sia il maestro sia l’allievo, illumina i sottili vincoli di potere e di fiducia che ogni autentica vocazione pedagogica porta inevitabilmente con sé.
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