c’è una foto che porto sempre con me ovunque io vada. Ci sei tu in un deserto somalo, con un ampio abito tradizionale africano lungo fino alle caviglie. È coloratissimo e luminoso…
Io e te siamo madre e figlia, ma pur essendo legate da un vincolo di sangue siamo lontanissime... Ti ho teso più volte la mano, ma tu l’hai sempre rifiutata… anche se il mio più forte desiderio è sempre stato quello di essere compresa da te…
Vista da fuori sono la forte Waris, battagliera, sempre bella e sorridente. Ma dentro sono ferita, insicura... Nella mia vita c’è come l’ombra di un demone. Forse tu puoi aiutarmi a scacciarlo, mamma. Noi due insieme, madre e figlia, possiamo essere molto forti.
Con questa lettera, mamma, ti chiedo aiuto e amore.
La tua Waris, il tuo fiore del deserto, tua figlia.
Quello tra Waris Dirie e sua madre è sempre stato un legame profondissimo ma certo non un rapporto facile. A dividerle sono stati anche i diversi destini. La madre è rimasta nei deserti della Somalia, dove è nata Waris, a condurre la vita difficile dei nomadi, in una società violenta e incatenata alla tradizione, dove alle donne è concesso solo un ruolo subordinato. Sua figlia è diventata una delle modelle più famose del mondo, è stata nominata ambasciatrcie dell’ONU nella lotta contro le mutilazioni genitali femminili, i suoi libri hanno conquistato e commosso milioni di lettori.
Waris però non ha mai dimenticato le sue origini, anche se per anni non ha potuto tornare in Somalia perché era troppo pericoloso. E quando ha finalmente potuto incontrare sua madre, ha trovato una donna malata. Ha provato a parlarle, per ritrovare il conforto dell’affetto reciproco. Ma a volte parlarsi, quando ci sarebbe troppo da dire, diventa un’impresa difficile, quasi impossibile.
È per questo che Waris Dirie ha scritto Lettera a mia madre: per costruire un dialogo, per recuperare la pace interiore che il successo, la fama e il denaro non le hanno dato.