«Benché scelleratissimo, pure è un uomo»: ma l’umanità che Alfieri riconosce al suo personaggio non illumina le sue azioni, non permea i suoi gesti. L’umanità del tirannico Filippo II consiste solo nella consapevolezza, o almeno nel dubbio, che la repressione dei sentimenti, l’abitudine al sospetto, la solitudine che fatalmente lo circonda e la stessa «orrida» vendetta che ottiene sul figlio e sulla moglie siano, oltre e più che un modo di appagare la sua brama assoluta e il suo cieco orgoglio, anche il suo costante, ineliminabile tormento, la ragione della sua infelicità, l’avvoltoio che rode il fegato di questo moderno Prometeo.
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