Nel 1916, ferito a un occhio e costretto a indossare una bendatura che lo condanna a una temporanea cecità, D’Annunzio scrive il Notturno «con il capo riverso, un poco più in basso dei piedi»; per farlo si affida a sottili striscioline di carta, le «liste sibilline», poi raccolte, risistemate e pubblicate nel 1921. L’opera – spiega Elena Ledda nella prefazione – «sembra fondata su una sorta di sovrapposizione fantastica e allucinatoria di tre piani temporali che vicendevolmente si scambiano: il presente della scrittura e della malattia, il passato recente degli episodi di guerra, il passato remoto dei ricordi d’infanzia, della terra d’Abruzzi e della madre. E pochi ma essenziali sono gli elementi attorno ai quali si sviluppa questa narrazione frammentata: la morte, la guerra, la cecità, la donna».
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