Con l’astuzia del diplomatico scaltrito dalla frequentazione di corti e curie, Della Casa indossa nel Galateo (1558) i panni dell’anziano mentore, illetterato ma ricco di esperienza, per dispensare precetti di buona creanza a un giovane ancora ignaro dei costumi. Persuasivo, mai arcigno, consapevole dei limiti umani, consiglia ciò che bisogna evitare per non risultare spiacevoli e quali accorgimenti adottare per essere leggiadri e affabili. Intonarsi alla circostanza e all’ambiente, mantenere il senso della misura nel gesto e nella parola, essere lieti ma non scomposti, saper distinguere tra la beffa intelligente e lo scherno, astenersi dalla maldicenza, dalle bugie, dall’altezzosità e dalla finta umiltà, e infine, ma soprattutto, essere brillanti conversatori: ecco la ricetta per l’uomo destinato al successo mondano. In uno stile sapido e colloquiale, ricco di facezie e citazioni sorridenti, Della Casa compila un esauriente trattato di belle maniere, un manuale di convenienza sociale che trascende il proprio tempo per collocarsi autorevolmente lungo la linea che va dai Caratteri di Teofrasto alle Massime di La Rochefoucauld.
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