A cura di Stella Fanelli
Prefazione di Cristina Montagnani
«Il desiderio che lo muove è l’amore» ha detto Thomas Mann di Michelangelo. Per il grande protagonista del Rinascimento la scrittura non è esercizio accessorio, effimero ma vocazione autentica, e le Rime, pubblicate solo nel 1623, ne sono l’espressione più luminosa. Dopo lo sperimentalismo degli esordi, quando l’artista si confronta con Dante, Petrarca, Pulci e si cimenta in diversi generi di lirica – raffinata, realistica, giocosa – la fase della maturità, segnata a partire dal 1538 dall’amicizia con Vittoria Colonna, rivela una forte tensione platonica maturata nella Firenze di Poliziano e Ficino, ma anche l’influsso del fervore mistico della poetessa. La terza e ultima stagione lirica del Buonarroti, posteriore al 1547, mostra una spiritualità introversa e sempre più desiderosa di pace e silenzio, che trasforma il canto in preghiera e supplica. L’itinerario poetico di Michelangelo disegna un sofferto cammino dal peccato alla grazia, dall’amore voluttuoso per il mondo e le sue creature all’amore puro per il creatore, dalla curiosità intellettuale alla solitaria meditazione religiosa.