Il bizzarro spirito polemico, la disamina ironica e spietata dell’universo sociale e culturale dell’Italia post-unitaria, la sperimentazione linguistica spinta fino ai limiti dell’espressionismo assegnano alla narrativa di Imbriani un posto singolare nella letteratura del secondo Ottocento. Contini ebbe a definirlo «Carlo Emilio Gadda della Nuova Italia», a sottolineare la sua necessità di crearsi una propria forma linguistica, in grado di esprimere tutte le correnti sotterranee del suo universo narrativo: frammenti di autobiografia, livori e passioni personali, sarcasmi riservati a un mondo e a un’età da spregiare. Ne sono testimonianza i due romanzi qui presentati, entrambi paradossale anatomia dell’adulterio borghese.
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